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Mauro, dal Celeste al grigioverde

Creato il 10 novembre 2013 da Albertocapece

l43-mario-mauro-130523180006_big-300x200Anna Lombroso per il Simplicissimus

Non ha suscitato molta eco un provvedimento del ministro della Difesa Mario Mauro, che istituisce lo “scivolo d’oro” per i soldati, un congedo con dieci anni di anticipo per quarantamila militari, che già all’età di 50 anni potranno godere di una pensione pari all’85% dello stipendio. In fondo, si é difeso il ministro, si tratta dell’85% di una miseria, 1200 euro, la paga media di un fante.

Non deve stupire la risposta del ministro, nello spirito del tempo che tinge di umana generosità l’azione del governo: 1200 euro sono pochissimi, per militari o civili, ma è un salario medio, vergognosamente basso, ma comune a un gran numero di lavoratori, “regolari” o precari. È che il ministro Mauro non è molto preparato in materia di salari o di lavoro, sia detto senza malevolenza. Il suo sito personale così come Wikipedia, non annovera, dopo la laurea conseguita all’Università del Sacro Cuore di Milano, nessuna occupazione a meno che non chiamiamo così una appassionata militanza in Comunione e Liberazione, o l’amicizia, certamente molto impegnativa con il Celeste Formigoni, che sarebbe malizioso definire redditizia più di molte professioni. Resta la curiosità di sapere come abbia impiegato il suo tempo l’esponente di Scelta Civica dal 1985, anno della laurea, al 1999 quando venne eletto per la prima volta al parlamento Europeo nelle file dei Forza Italia, quando cioè  l’Europa di cui aveva sempre sentito parlare e che si era limitato ad osservato da lontano, apriva le sue porte e   iniziava la possibilità di verificare se quegli ideali umani di pace e libertà che avevano animato gli Adenauer, i De Gasperi e gli Schumann potevano divenire “criterio guida nelle sfide del mio tempo”, come recita la sua alata biografia.

Gli spiriti di Adenauer, Schumann e De Gasperi dovevano essere distratti oppure  Mauro deve aver  saltato le pagine della Costituzione – europea e nazionale  -  dei trattati e delle convenzioni, quando parlavano di ripudiare guerra o rivendicavano anni di pace, salvo in quei Paesi straccioni dediti a fastidiose e disordinate scaramucce, che non fanno testo presso eurocrati, cancellerie  e loro camerieri e assimilati.

Così della sua scialba presenza nel governo Monti, in funzione di tecnico non si sa di cosa, ed oggi in quello delle larghe intese che non impone altrettanto larga capacità di intendere e volere, resta traccia nella difesa appassionato dell’inopportuno acquisto degli F35 con quel che ne consegue, come strumenti di guerra adibiti alla tutela della pace, tanto cari da fargli prestare la faccia per  una pubblicità dei “Joint fight striker jet” della Lockheed Martin, qualche esternazione improbabile, come quella sul Muos, rivendicato come “affar suo” di unica  competenza da sottrarre all’inopportuna invadenza di autorità locali e cittadini, l’adesione incondizionata alle “missioni umanitarie” e a quel che costano più le dichiarazioni retoriche che ci si aspetta da un Ministro della Difesa di una espressione geografica vicina anche a essere retrocessa da quella condizione.

Eh si, l’uomo passa inosservato e così anche la sua iniziativa di promuovere congedi privilegiati ai militari, che magari potrebbe essere interpretato come un rituale riconoscimento delle spirito di sacrificio delle Forze Armate, buono per il 4 novembre. In realtà è meglio essere sospettosi: lo scivolo è l’accorgimento impiegato per mandare a casa soldati attempati e rinfoltire con forze più nuove e numerose. In troppi in questo Paese vedono l’opportunità di consolidare un processo autoritario di militarizzazione, che investa anche l’ordine pubblico.  E’ cominciato con operazioni apparentemente anodine, come quella chiamata “Strade sicure”, si è rafforzato con la presenza durante l’emergenza rifiuti a Napoli. Ma è diventato un motivo ricorrente nelle politiche di decoro e ordine pubblico dei sindaci sceriffi dei più vari schieramenti, impreparati a dialogare con cittadinanze, predisposti a dare risposte di carattere repressivo, a disperdere, alzare muri, vietare con la forza, convincere con la muscolarità, effettuare grandi pulizie e sgomberi, piegare energicamente a usi e tradizioni etnicamente corrette, proibire tramite sanzioni “sguardi in cagnesco” tra gruppetti di 5 persone e oltre.

È sicuro che i regimi e anche le imperfette democrazie hanno paura e si preparano a una temuta condizione bellica permanente, a una conflittualità perenne in città dove le disuguaglianze si esprimono con più potenza, tra enclave fortificate e slum, tra ghetti di lusso e bidonville, dove convivono i quadrilateri della moda dove vanno a distrarsi illustri ex detenute con quel processo che è stato definito la “caravanizzazione dell’habitat”, quando stimati cittadini perdono tutto e diventano inquilini di auto, camper, rottami. E si preparano con un’industria della sicurezza privata, con il brand della sorveglianza e con eserciti sempre più professionalizzati nei metodi di controllo sociale, sviluppando come prevede anche Europol, una collaborazione sempre più stretta con i servizi segreti,  con le grandi centrali dello spionaggio globale e diffuso, con le banche date dei servizi informativi che archiviano milioni di impronte e dna e con le agenzie di frontiera, baluardi a difesa di quel che resta nel declino dell’Occidente.

C’è da dubitare che il solerte Mauro sia stato messo a parte di disegni e strategie, lui degli imperativi militari ne ha appreso probabilmente solo uno, ubbidire.

 


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