Magazine Diario personale

Me & The City

Da Pdc @pezzodicuore
Me & The CitySto leggendo questo interessante romanzo di Renata Adler.Lei vive e scrive nella city per eccellenza e mi sono ritrovata, leggendo il romanzo, a provare sempre la stessa intima sensazione di amore per le grandi città che provo ogni volta che vedo un film, sento raccontare di un viaggio oppure ho in mano un libro che ne parli.La grande città è piena di opportunità ed anche se poi ho scelto di tornare in provincia quando aspettavo Ciccio (e non mi sono ancora pentita) tuttavia il richiamo è forte ed intenso, intatto.
Sono nata in una capitale (Lima, no non quella dei trenini, è una battuta che ho sentito fino allo sfinimento) ed i miei ricordi (ce ne siamo andati quando avevo 7 anni) sono inevitabilmente offuscati e di certo privi di tutto quell'appeal che si può dare ad un luogo quando si è più grandi e consapevoli. Tuttavia per me il Perù è l'emblema della felicità perduta della mia famiglia, di qualcosa che è stato e non tornerà più e di cui ho sentito più spesso di quanto ammetterei nostalgia e rimpianto.Come ho già detto varie volte tornarci è il viaggio della vita, quello per cui vorrei avere tempo e libertà, portarci mio figlio, andarci con chi amo, devo evitare il rischio di non andarci mai più con tali premesse.
Potrei pubblicare un paesaggio, il Macchu Picchu, il Callao, invece ho scelto questa foto, che rappresenta così bene come eravamo e cosa sapevamo di star lasciando. E' un luogo del cuore, si chiama El Cuadro, dove avevamo un bungalow fuori città, ci si trovava con gli amici, le montagne erano a gradini di pietra e noi siamo stati davvero felici.
Me & The City
Qui in Italia ho vissuto sempre in provincia, è una dimensione che non mi dispiace, dove abito ora ci sono da quando è nato PdC, 12 anni ed anche se purtroppo qui basta esser solo di un altro quartiere per essere una da fuori e quindi io sarò sempre una foresta però ormai ho le mie abitudini, i miei rituali, amicizie ed affetti e non solo legati al Pezzo di Cuore. A questo esser foresta ci ho pensato varie volte, ora che su Facebook impazzano i gruppi sei di se.. ed io potrei iscrivermi a molti o a nessuno, a seconda di come si interpreta l'esser di.
Poi intorno ai 30 anni mi sono trasferita per lavoro ad Hong Kong. Una città fantastica, dove non avevo paura a girar di notte da sola, dove puoi uscire col didietro di fuori e non ti fila nessuno, aver fame ad ogni ora del giorno e della notte che tanto trovi sempre qualcosa da mangiare e qualcuno con cui scambiar due parole. Una città dove puoi sentirti avvolto o terribilmente solo, dipende. Dove puoi conoscere tutti o nessuno. Dove ho passato da sola un Capodanno Cinese che potevi pattinar per strada visto che non c'era nessuno, dove di solito c'erano 7 milioni di persone. Anch'io non dovevo esserci, poi all'ultimo momento son rimasta lì, ho cenato nel roof di un hotel con un vestito nero da sera tutta sola, all'altro tavolo un direttore d'orchestra italiano solo anche lui che mi ha limonato tutta la sera, poi abbiamo guardato i fuochi sulla baia, fumato una sigaretta, che si poteva fumare ovunque, bevuto un drink e poi io sono andata a casa dandogli buca, che ero impegnata anche se sola e mi sembrava quasi più da film così, che a calargliela mezzi sbronzi in albergo.Hong Kong dove c'è cemento e verde e pescatori a poca distanza e nemmeno te li immagini.
Me & The City
Me & The City
Me & The City
Me & The City
Ricordo tanti momenti, ma soprattutto quelli da sola, i sabati a pranzo in libreria da PageOne e poi a mangiare leggendo in un ristorantino Thai o ad assaggiare ramen ed udon come fanno di notte nei libri di Banana Yoshimoto in un giapponese dietro l'angolo.La stessa emozione di quando sono stata a Tokio e respiravo l'aria per incamerare momenti quanto più possibile, anche se rispetto ad Hong Kong Tokio sembra tranquilla ed ordinata ed i Giapponesi sono silenziosi e non spingono, non come i cinesi che urlano sempre e ti prendono a spallate mentre scendi nel metro. L'annuncio più frequente è please let passengers exit first perché loro più di chiunque altro salgono a bordo mentre le porte ancora si aprono ed è più forte di loro, perché così è più difficile che aspettare che tutti escano, ma non ce la fanno.Di Tokio non ho foto, avevo lasciato la digitale in ufficio ed ho preso un'usa e getta e le ho stampate su pellicola ed ora non le trovo più, ma non è così importante, ricordo un viaggio in Florida di cui non ho portato alcuna foto e tutti mi guardavano come se fossi aliena, come se non ci fossi stata, visto che non lo potevo dimostrare (anche se è una vacanza che ricorderò tutta la vita e certe discussioni sul retro di un Pizza Hut che non dimenticherò mai).E' ad Hong Kong che è nata la mia passione per Sex & the City che davano su Hbo. Ho sempre sognato di andare a New York, mi ci hanno invitato più volte ed avrei avuto più di un appoggio ma non sono mai riuscita ad andarci. Un ex capo mi offrì anche il suo pied-à-terre per farci una vacanza, ma mi sa che lì il prezzo da pagare era alto..Anch'io ad HK fermavo un taxi per strada per raggiungere gli amici fuori. Uscivo in minigonna e tacchi e nessuno pensava male o mi guardava troppo interessato. Bevevo cosmopolitan prima che lo rendesse famoso Carrie ed in generale anche di Hong Kong ricordo proprio il senso di libertà, di appartenenza ed estraneità, essere a casa oppure ovunque, che forse è tipico di noi randagi.
Questo post mi ronza in testa da quando ho letto questo racconto dalla Lucy-Tì e poi ha preso forma da solo leggendo Renata Adler.

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