Nuove tensioni tra Israle e Palestina.
Giovedì la Palestina e la città di Ramallah si sono fermate per tributare l’estremo saluto a Ziad Abu Ein, il ministro morto mercoledì in seguito a dei tafferugli con l’esercito israeliano. Abu Mazen e l’intera dirigenza dell’Anp hanno reso omaggio al defunto mentre dalla folla alcuni hanno invocato “vendetta” per quella che lo stesso presidente palestinese, proclamando tre giorni di lutto nazionale in tutti i Territori, ha definito “una morte causata dalla brutalità dei soldati”. Il tragico evento rischia di incrinare ulteriormente i già tesi rapporti tra Palestina e Israele: Jibril Rajub, esponente di Fatah, ha dichiarato che la “cooperazione di sicurezza con Israele è sospesa”, mentre lo stesso Abu Mazen avverte che “ogni reazione è possibile.”
Si tratta dell’ennesimo episodio di tensione in Palestina: il fatto si è verificato a Turmus Aya, villaggio fuori Ramallah dove un gruppo di manifestanti si era dato appuntamento per piantare olivi in un terreno agricolo confinante con Adei Ad, un insediamento israeliano non autorizzato. Al fianco dei manifestanti c’era Abu Ein, che da un mese era stato posto a capo del Comitato dell’Organizzazione per la liberazione della Palestina (Olp) per le colonie e per il cosiddetto “muro dell’apartheid”, che divide la Cisgiordania da Israele: insomma, una sorta di responsabile della lotta contro le annessioni e gli insediamenti israeliani. La marcia pacifica è rapidamente degenerata in scontro a causa dell’intervento dell’esercito di Gerusalemme, che ha lanciato gas lacrimogeni ed effettuato cariche sui dimostranti. Un portavoce dell’Anp ha dichiarato che nel corso della colluttazione il ministro è rimasto intossicato dai lacrimogeni, ha accusato difficoltà respiratorie ed è entrato in coma per mezz’ora. Pochi minuti dopo, trasportato d’urgenza al Centro medico di Ramallah, è stato dichiarato morto dal direttore dell’ospedale. Dall’ospedale aggiungono che, oltre a essere rimasto intossicato dai gas, il ministro è stato anche colpito dai soldati alla testa con un casco, e al petto, in modo molto violento, con un oggetto non identificato, probabilmente responsabile del successivo coma e dei problemi respiratori.
Il governo israeliano ha subito cercato di evitare che il caso deflagrasse in nuove iniziative di protesta violenta, dopo che nelle ultime settimane gli attacchi terroristici in Palestina avevano portato alla morte di dieci cittadini dello Stato ebraico. Il portavoce militare dell’esercito israeliano, Peter Lerner, ha assicurato di “star indagando sulle circostanze della morte di Ziad Abu Ein”. Un patologo israeliano ha inoltre partecipato all’autopsia, eseguita da un team congiunto di medici palestinesi e giordani. Diversi sono stati però i risultati degli esami: il Ministero della Sanità israeliano ha imputato il decesso a un blocco dell’arteria coronarica e dunque ad un infarto, avvenuto quando il ministro era già nell’autoambulanza, mentre il portavoce dell’Anp Ihab Bseiso ha ribadito che ritiene Israele “pienamente responsabile dell’uccisione di Ziad Abu Ein”.
L’Egitto, tradizionale mediatore tra i due Stati, ha chiesto pubblicamente a Israele “di esercitare la massima moderazione e fermare l’uso eccessivo della violenza, che porta solo ad altro spargimento di sangue tra le due parti”, invocando allo stesso tempo “che l’assassino sia portato davanti alla giustizia”. Nette le parole dell’Alto rappresentante per gli affari esteri dell’Ue Federica Mogherini: “Le notizie sull’uso eccessivo della forza da parte delle forze di sicurezza israeliane sono estremamente preoccupanti: chiedo un’immediata inchiesta indipendente sulla morte del ministro Abu Ein”. Intanto a Hebron, Qalandya e Jilazun sono scoppiati nuovi scontri tra i dimostranti e l’esercito, che teme un’escalation e rafforza il proprio schieramento di truppe in Cisgiordania: la prospettiva di un ingresso armato nei Territori sembra ora meno remota.
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