La nostra paura più profonda
non è di essere inadeguati.
La nostra paura più profonda,
è di essere potenti oltre ogni limite.
È la nostra luce, non la nostra ombra,
a spaventarci di più.
Ci domandiamo: “Chi sono io per essere brillante, pieno di talento, favoloso?”
In realtà chi sei tu per non esserlo?
Siamo figli di Dio.
Il nostro giocare in piccolo,
non serve al mondo.
Non c’è nulla di illuminato
nello sminuire se stessi cosicché gli altri
non si sentano insicuri intorno a noi.
Siamo tutti nati per risplendere,
come fanno i bambini.
Siamo nati per rendere manifesta
la gloria di Dio che è dentro di noi.
Non solo in alcuni di noi:
è in ognuno di noi.
E quando permettiamo alla nostra luce
di risplendere, inconsapevolmente diamo
agli altri la possibilità di fare lo stesso.
E quando ci liberiamo dalle nostre paure,
la nostra presenza
automaticamente libera gli altri.
Marianne Williamson (A Return to Love: Reflections on the Principles of “A Course in Miracles”, 1992)
Poesia o semplice meditazione. Questo brano è l’emblema dell’appartenenza di certe scritture al lettore e del fatto che le stesse righe acquisiscono un valore diverso a seconda della bocca da cui escono. E talvolta in letteratura gli equivoci sono fondamentali, in un certo senso ne sono la materia stessa. La storia di Meditazione - nel mio caso – ha seguito tre tappe. Prima pensavo fosse di Mandela. Poi ho scoperto che il brano è della Williamson ed è stato citato nel discorso di insediamento di Mandela nel 1994. Infine, vengo a sapere da più parti e leggo che la stessa scrittrice smentisce l’attribuzione. Mandela non l’ha mai pronunciata; intanto, sostenuta da un inesistente lettore celebre, la poesia aveva fatto il giro del mondo. (Marco Bisanti)
La Metafora viva!
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