"La politica ragionata che non c'è" è il nocciolo del pensiero di Predrag Matvejevic, le cui conseguenze sono quanto sta accadendo in queste ore nel Mediterraneo.
Matvejevic , docente di slavistica a Roma e presidente della Fondazione Laboratorio Mediterraneo, parte da lontano(mondo greco, romano, punico), nella Storia, a proposito di questo "nostro" mare, sempre teatro di battaglie e di guerre ,per poi andare oltre, e arrivare ai nostri giorni e a tutti i numerosi conflitti, di cui il Mediterraneo è stato ultimamente, comunque , in qualche modo teatro.
Elenca Libano, Albania, Israele e territori palestinesi, Cipro, fino ad arrivare ai migranti d'Africa, che fuggono, anche a costo di perdere lavita, da fame, tirannie e guerre d'ogni genere.
Ma, nella nostra contemporaneità,la cosa più grave è stata ed è, ad avviso di Matvejevic, l'assenza di un'Europa unita e concorde nell'azione politica da gestire e portare avanti per il Mediterraneo e i Paesi che vi si affacciano e poi, sopratutto, l'assurda preoccupazione dei popoli a sud dell'Europa d'essere invasi.
Tutte le migliori intenzioni, vedi la Conferenza di Barcellona con la sua idea di partenariato con i Paesi in via di sviluppo dell'Africa così come l'Unione per il Mediterraneo di Sarkozy, sono state, nei fatti, fallimentari.
Ammesso che questi mini-progetti-prosegue Matvejevic- fossero stati mal preparati, vuoi per la fretta, vuoi per altro, l'Europa non c'è mai stata. A partire, ad esempio, dalla Germania.
Germania che, oggi, per mero calcolo elettorale, si trincera dietro uno pseudo-pacifismo. E così come, per altro fortunatamente solo a livello di dibattito ideologico, è avvenuto anche in Italia tra notissimi protagonisti politici della estrema sinistra, che un tempo non se lo sarebbero fatto ripetere due volte nel dichiararsi favorevoli all' 'intervento.
Ci vuole un "progetto" vero. La politica dell'immigrazione proveniente da Sud non basta a determinare una politica ragionata per il Mediterraneo. Ripete più volte Matvejevic.
Anche perché i popoli del Sud hanno fatto, non molto lontano nel tempo, l'esperienza del colonialismo e conservano intatte tutte le loro riserve mentali, anche e più che mai in un momento delicatissimo come questo attuale in Libia.
Pertanto , conclude il Nostro , tutti questi popoli rivieraschi devono essere messi nelle condizioni di adulti, capaci di scegliersi per loro quella che ritengono essere la strada più idonea da percorrersi. Anche se questo dovesse incidere sul destino futuro del Mediterraneo.
Lo stesso presidente degli USA, Obama, per quanto contestato dai repubblicani, ha detto a chiare lettere che il futuro del mondo arabo sarà determinato dai suoi popoli.
E l'Europa, a nord o a sud che sia, non deve temere il cambiamento.
Semmai imparare a progettare, seriamente ed insieme, il cambiamento.
Non certo utilizzando le armi ma con il "cervello".
Possibilmente senza "se" e senza "ma".
A cura di Marianna Micheluzzi (Ukundimana)