L’argomento “è uno che ha fatto la gavetta” è uno di quegli argomenti che mi fa impazzire. Quasi meglio il nepotismo, per dire. Non metto in dubbio che, per come è vissuta la politica in Italia e per la storia partitica e politica che abbiamo alle spalle, l’impegno all’interno della struttura del partito sia vista – come dire – come un passaggio obbligatorio, perché è il partito che seleziona, o dovrebbe selezionare, i migliori.
Ecco, peccato che le cose cambiano, e che stiamo cercando di ammazzare il procellum proprio perché c’è qualcosa di più profondo che si sta muovendo.
E’ stato trattato come tutti. Ha fatto la trafila come tutti. Da dieci anni, e anche oggi, attacca manifesti e raccoglie firme per i referendum come tutti gli iscritti all’Italia dei Valori.
Leggere questa frase mi ha ricordato di quando, una sera, ho sentito dire che “ai miei tempi si faceva la gavetta. Sai quanti francobolli attaccati, prima di poter prendere la parola?”. Quei tempi sono finiti, e meno male, perché non è dal numero di manifesti incollati o dal numero di francobolli appiccicati – dal grado di fedeltà al partito o a un pezzo di partito, se preferite – che dovremmo selezionare la classe dirigente, soprattutto ai nostri tempi, i tempi del dopo Berlusconi, i tempi in cui sarà necessario un Parlamento che sia il più simile possibile a un’Assemblea costituente, con davvero i migliori, là dentro.