Magazine Lavoro
«Patimento, frustrazione, tristezza, paura, angoscia, insonnia, idee cicliche e ripetitive, caduta di capelli, mal di stomaco di schiena di testa, cambiamenti nelle abitudini alimentari, cambiamenti nelle attività di cura personale e dell’aspetto fisico». Una diagnosi drammatica. Coinvolge spesso donne e uomini vittime dell’imperversare della crisi economico sociale.
La segnalazione viene dall’osservatorio della salute mentale (Osamcat) di Catalogna. È solo un passaggio dell’inquietante libro di Elena Marisol Brandolini «Morire di non lavoro, La crisi nella percezione soggettiva» (Ediesse). Un volume ricco di spunti e ricerche fondato sugli studi di due gruppi, uno a Bercellona e l’altro a Roma. Scopriamo così che nel 2012, la Commissione ambiente, salute pubblica e sicurezza alimentare del Parlamento europeo, ha tenuto un work- shop dal titolo «Salute mentale in tempi di crisi economica», organizzato da Glenis Willmott. Questi ha evidenziato, tra l’altro, la necessità che le infermità relative alla salute mentale siano considerate tra le malattie professionali.
Altri dati italiani parlano degli effetti della crisi. Secondo l’Associazione artigiani e piccole imprese di Mestre (Cgia), tra il 2008 e il 2010, in Italia, i suicidi per motivi economici sarebbero aumentati del 24,6%. Sono dati che preoccupano anche i professionisti della salute. Il 21 e 22 gennaio di questo anno la «Società italiana di Epidemiologia psichiatrica», in collaborazione con l’«Istituto superiore di sanità», ha promosso un incontro dal titolo: «Crisi economica e salute mentale: cosa cambia nella popolazione, cosa cambia nei servizi». Mentre il 15 marzo 2013, a Roma, la Fondazione internazionale Fatebenefratelli ha realizzato la tavola rotonda dal titolo: «Crisi economica e crisi di identità». Sono studi e iniziative che Brandolini cita e analizza. Scoprendo che invadono anche il mondo delle arti. Così a Venezia alla Biennale d’arte va in scena un’iniziativa nata dall’ingresso di otto persone, quattro donne e quattro uomini senza lavoro, nel Macba, il Museu d’Art Contemporani de Barcelona.
Ognuna di loro sceglie come preferita una tra le opere esposte. Quelle selezionate vanno a Venezia e fanno parte del progetto «25% Catalunya a Vene`cia», di Francesc Torres e Mercedes A´lvarez, curato da Jordi Ballò. Quel 25% rappresenta la percentuale di disoccupazione in Catalogna. Nel padiglione un reportage fotografico racconta la quotidianità di queste otto persone e un documentario girato nel museo mostra il confronto tra loro e la produzione artistica.
Nascono così non solo le proteste ma anche i tentativi di intervenire pur sapendo che la cura più generale dovrebbe venire da una severa svolta nella politica economico-sociale. Il volume cita la nascita del Centro di ascolto Caritas «Progetto Penelope», nella provincia di Treviso. E poi «Terraferma», uno spazio di ascolto e di supporto, promosso dal movimento «ImpreseCheResistono»(Icr), con una rete di psicologi che operano a titolo gratuito. È bene citare, infine, una manifestazione svolta nel 2012 a Barcellona convocata dal «Collegi Oficial de Psico`legs de Catalunya» (Copc), con il sostegno del «Consejo General de Colegios Oficiales de Psico´logos» e la partecipazione di tutti i collegi di psicologi della Spagna. È lanciata una campagna di sensibilizzazione dal titolo «Positivamente».
Il loro manifesto osserva come siamo difronte «a una situazione sociale devastante e complessa, con un aumento astronomico della disoccupazione. Ciò ha un effetto diretto sulla salute mentale della popolazione». Da qui la sottolineatura: «Vogliamo trasmettere l’importanza dell’attenzione alla salute mentale e la ripercussione globale che questa decisione ha sulla cittadinanza e sullo sviluppo economico».
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