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Mentre Irene Giaceva Morente. Si può superare l’angoscia di morire?

Da Spiritualrationality

Mentre Irene Giaceva Morente. Si può superare l’angoscia di morire?

In una clinica Irene stava morendo – ahimè, troppo lentamente! –di un cancro al retto che era stato recidivo due anni dopo una operazione importante e dei trattamenti ai raggi X. Il male si era adesso propagato a tal punto da non essere più operabile. Il fegato e le ossa erano stati colpiti. Non c’era più niente da fare, se non tentare di alleviare le sue sofferenze. Ma, malgrado le forti dosi di sonniferi e di sedativi, continuava ad essere nervosa e a lamentarsi quando era sveglia, e gemeva e si agitava durante il sonno provocato dagli ipnotici. Sua sorella e il medico curante si domandarono se non potevano fare di più per aiutarla durante il processo angoscioso. L’ L.S.D. fu suggerito con qualche esitazione, poiché non era stato somministrato fino ad allora che ad una sola persona in un caso simile. Il medico sperava che la droga avrebbe potuto – almeno per alcune ore – allontanare i pensieri di Irene da se stessa e dalla prospettiva della morte. Se fosse stato possibile elevare il suo pensiero cosciente al di là di se stessa, forse si sarebbe convinta che la sua prossima scomparsa non doveva essere causa di terrore. Col consenso della famiglia, venne somministrata una leggera dose unica di LSD ; Irene allora cominciò a parlare, e il suo medico annotò dettagliatamente.

Ecco più o meno parola per parola, ciò che Irene pronunciò con calma sotto l’influenza dell’LSD.

“La mia scomparsa adesso, non ha più importanza, neanche per me. Non è che un episodio dell’alternanza dell’esistenza e della non-esistenza. Io non vedo nessuna relazione con la religione e con quello che si dice della morte. Suppongo di essere distaccata – questa è la parola – liberata da me stessa, dalle mie sofferenze e dalla mia disintegrazione. Posso morire con calma, in questo istante, se così deve essere. Non chiamo la morte, né la respingo. Sì, vedo ciò che avete fatto. Avete estirpato il mio IO. E’ un approccio alla morte, una preparazione al grande incontro, quando il NON-IO sarà più permanente. C’è ancora qualcosa. Per una volta, posso vedere l’ordine nel disordine. Ciò che assomiglia ad un caos, ad una confusione, non è che la vasta complessità del tutto, dei movimenti che si intrecciano gli uni negli altri. Per me che vi parlo, l’dea che la vita è priva di senso, la teoria secondo cui tutto è casuale è un non-senso”.

“Sto morendo, me ne rendo perfettamente conto. Ben presto gli ingranaggi della mia mente si fermeranno, poiché gli ingranaggi complicati del corpo non riusciranno più a sopportarli. Tutto si sfascerà in un cumulo di molecole tra gli scarti da cui sarà tirata una nuova matrice. La nuova non avrà nessun punto in comune con me. Bisogna che accetti e ammetta questa possibilità dell’estinzione totale in quanto essere umano”.

L’uomo è probabilmente la sola specie animale che venga presa dall’angoscia all’idea della sua scomparsa, poiché l’uomo soltanto ha la facoltà di riflettere su se stesso. E’ il solo essere capace di concepire l’avvenire e a considerarsi una creatura distinta dalla natura. Noi siamo nati in un mondo senza ego. Ma viviamo e moriamo prigionieri di noi stessi. Questa coscienza di sé – senza la fede capace di donargli un senso – può suscitare una paura insopportabile della morte. Freud diceva che nessuno può realmente concepire il suo proprio annientamento. Ed è così che la paura di morire costituisce, in molti casi, l’ultima sofferenza.

Nel caso di Irene, speravamo che un po’ di questa fantastica droga che è LSD le avrebbe permesso di affrontare le sue sofferenze e la prossima fine. Volevamo provocare un breve e lucido intervallo di assenza del suo ego per farle accettare l’idea che l’integrità fisica non è assolutamente necessaria e che forse, c’è qualche cosa “al di là”. Attraverso questo processo, noi speravamo che avrebbe potuto sopportare le sue sofferenze e la sua angoscia: sembrava proprio che questo scopo fosse stato raggiunto.

La morte deve umanizzarsi. Conservare la dignità nella morte per coloro che stanno morendo, è uno dei più grandi problemi della medicina moderna. Le sofferenze continue, violente, profonde non lasciano intatte neanche le personalità più forti. Quando il malato sa che solo la morte metterà fine alla sua sofferenza, questa si identifica con la morte e diventa in proporzione più difficile da placare.

Per alleviare il terrore, lottare contro la depressione e diminuire le sofferenze, sono stai utilizzati sin dai tempi preistorici dei narcotici. L’oppio è stato rimpiazzato dalla morfina e da altri derivati, così come da nuovi prodotti chimici sintetici. Tutti questi medicamenti diminuiscono le sofferenze, permettono al malato di dormire e possono risollevargli il morale. Per coloro la cui morte è vicina, il pericolo di assuefazione è irrilevante.

Uno studio del Dr Eric Kast, di Chicago, indica che LSD supera di gran lunga gli altri narcotici per quanto riguarda l’efficacia e la durata dell’azione nell’alleviamento del dolore.

Anche altre ricerche confermano questa constatazione. Sembrerebbe che l’LSD non agisca sulla parte del cervello che riceve gli impulsi del dolore, ma alteri il significato della sofferenza, e, di conseguenza, la diminuisca. E’ ciò che è successo a Irene. Assorta in pensieri e sentimenti che andavano al di là di se stessa, era indifferente alla sofferenza, che era stata la sua preoccupazione principale della sua esistenza cosciente da diversi mesi, e che ora aveva perso il suo significato.

Nel corso della lunga giornata del suo trattamento con l’LSD, delle infermiere entrarono due volte nella camera per ricordare che la puntura destinata ad alleviare le sue sofferenze non era stata fatta.

Riprese a parlare solo verso la fine del pomeriggio.

“Quando morirò, non ci si ricorderà a lungo di me; non lascio molti amici, e quasi nessun parente.

Non ho fatto molte cose, niente bambini, niente. Ma va bene così”.

“Ecco che ricomincia. Sembra che vada e venga, ma non è più come prima”.

- L’importante è ricordarsi, dice il medico.

- Sì, oh sì, ma mi ricorderò di tutto?

- Vi ricorderete di molte cose, ed ho qui alcuni appunti che potremo rivedere per aiutarvi a farvi rammentare il resto, rispose.

Il giorno dopo i suoi lineamenti erano di nuovo profondamente tirati. Ma nuotava ancora in una atmosfera di calma.

“Il dolore è ritornato, ma credo di poter adattarmi. Che giornata è stata ieri! Una specie di giorno di festa per me”.

Durante le tre settimane seguenti, Irene fu sensibilmente più distesa. C’era un aura di calma intorno a lei. Ebbe ancora bisogno di calmanti di tanto in tanto. Poi morì.


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