Ciò che dice sulla Fiat, dopo essere stato la longa manus sindacale di Marchionne, è illuminante sulla patetica fede che condivide con il governo e con la classe dirigente italiana di ogni tipo. E dunque il pio Bonanni la canta chiara al suo manager di riferimento: “Marchionne ci convochi subito e chiarisca se il Piano Fabbrica Italia lo mantiene e lo utilizza quando riprende il mercato o no”. Pare di capire che questo leader sindacale abbia una fede incrollabile sul fatto che la crisi sia un puro incidente ciclico e che ci aspetta l’immancabile ripresa. E’ la stessa luce in fondo al tunnel di Monti, è l’incrollabile certezza delle associazioni imprenditoriali ed è pure scritto nel breviario di centrosinistra: la terra promessa per la quale si è deciso di ignorare quanti moriranno durante il cammino.
Rimane da capire da dove spunterà fuori questa ripresa. Forse dai salari che si abbassano ovunque grazie alla castrazione chimico finanziaria dei diritti oppure, come in Germania, alla sterilizzazione dell’adeguamento al costo della vita? Compreremo di più con meno soldi? Forse deriverà dall’abbattimento del welfare? Dal taglio delle pensioni? Dal fatto che grazie a questi massacri saremo più concorrenziali rispetto agli altri che fanno tutti “obtorto collo” la stessa cosa? Eviterò in questo contesto di parlare del peccato originale che le teorie economiche nate in Occidente si portano dietro fin dai tempi della loro germinazione, ma una cosa è chiara: la ripresa a queste condizioni è solo un atto di fede e di una fede funzionale all’arricchimento di pochi. Del resto è ormai un quindicennio che c’è una crisi di sovrapproduzione, mascherata dalla impetuosa crescita della finanza “creativa” : ridurre i redditi da lavoro per produrre di più è solo una sciocchezza, uno di quei dogmi che servono solo a ridurre la democrazia e a instaurare oligarchie di fatto, anche se ancora non di nome.
Nel campo dell’automobile le cose sono ancora più chiare: parlare di ripresa in Europa, dove esiste solo un mercato di sostituzione e con le retribuzioni in calo, la povertà in aumento, è difficile anche per i gesuiti del liberismo: è evidente che il mercato in crescita è altrove e che per tornare a vendere da noi bisognerà si dovrà attendere un cambiamento radicale di prodotti, tecnologie, legislazioni e l’abbandono dei precetti del pensiero unico che è ormai soltanto un pretesto politico. Paradossalmente la “ripresa” ci potrà essere solo se si abbandona il contesto concettuale nel quale essa è un automatismo di mercato innescato dall’impoverimento generale, dalla scomparsa dello stato se non come ufficiale pagatore e del welfare. Tuttavia per Bonanni e l’oligarchia italiana la ” Ripresa” è un mistero gaudioso, qualcosa che serve a mantenere la presa sulla società, a comprimerne le forze, ad evitarne quanto più possibile le reazioni: non diversamente da una religione per qualcuno è una verità, ma per tutti è una comoda arma perché nulla cambi. Ecco perché nella vicenda Marchionne tutti sono in cattiva, cattivissima fede.