L’articolo di Micheal Butler sul The Guardian:
in Premier si parla di “tasse segrete” sui transfer
INCHIESTE (Milano). Il calciomercato è terminato. Finalmente oseremmo dire. Quantomeno ufficialmente, visto che gli addetti ai lavori non “dormono mai”, nemmeno a finestra di compravendita conclusa; a dimostrarlo i tanti titoli dei giornali che in Inghilterra parlano di come David Moyes e il Manchester United abbiano già stilato una lista degli acquisti da mettere a segno a gennaio, quando si aprirà il mercato invernale.
Ma, a proposito di calciomercato inglese, questa mattina sulle autorevoli pagine online del The Guardian, un articolo a firma di Michael Butler ha riportato una statistica da far accaponare la pelle, quantomeno ai tifosi dei maggiori campionati europei, ancora appesi alla dea passione e convinti di poter continuare ad abbinare al loro amore per i colori della propria squadra una certa nobiltà d’animo dei dirigenti che quel club lo governano.
Secondo il sito ufficiale della Premier League – recita il The Guardian – dei 115 trasferimenti messi a segno quest’estate (escludendo gli spostamenti a parametro zero) solo per cinque sono state divulgate le cifre ufficiali.
Una proporzione (siamo sotto il 4,5%) assolutamente vergognosa se consideriamo che milioni di tifosi ogni estate acquistano giornali e visitano siti internet con il proposito di conoscere le manovre di mercato del proprio club e il valore dei giocatori di cui tanto si parla nelle calde settimane estive.
Ma come motivano le società inglesi questa mancanza di trasparenza?
Il caso più eclatante si è verificato proprio nelle ultime ore del calciomercato di Premier League, quando Marouane Fellaini è passato dall’Everton al Manchester United. I Red Devils non hanno volutamente rivelato i dettagli dell’acquisto, che tutti pensavano essere pari ai 23,5mln di sterline della clausola per la quale il belga era legato ai Toffies , seppur rifiutata solamente un mese fa proprio dal club di Liverpool.
Proprio l’Everton, tuttavia, ha pensato bene di fregiarsi dell’operazione di mercato in uscita effettuata rivelando la cessione di Fellaini per 27,5mln di sterline. Ed Woodward, vicepresidente esecutivo dello United, ha attinto alla fantasia nell’addurre a una “tassa nascosta” per giustificare la cifra sborsata per portare Fellaini a Old Trafford.
Al di là della magra figura fatta registrare dall’entourage del Manchester, il comportamento non è nuovo in Premier League, come peraltro in tutti gli altri campionati, compreso quello italiano.
Ma a che serve mentire?
Innanzitutto a coprire gli emolumenti percepiti dai tanti, tantissimi “addetti ai lavori” il cui ruolo non è mai ben specificato ma che, allo stesso tempo, non si sa come, riescono a passare alla cassa nel momento in cui si verifica la firma di un calciatore. Presentare liste precise di questi personaggi che operano nell’oscurità (non siamo qui a giudicarne l’operato) significherebbe aprire un capitolo enorme all’interno del manuale del buon trasferimento, un capitolo che permette a tutti di guadagnare e che rivelerebbe alla gente ancora innamorata del calcio che questo sport è sempre più business e sempre meno gioco.
Non solo, però. Per un club è importante anche dare un’immagine di corretta gestione societaria; una voce che suona importantissima ancor più per le società quotate in borsa. Prendiamo ad esempio l’operazione di mercato che ha condotto Kakà al Milan. Venduto al Real per 67 milioni di euro nell’estate 2009, il brasiliano è stato praticamente regalato da Perez a Galliani, con l’ad del Milan che ha convinto il giocatore a percepire 6 milioni di euro in meno all’anno di ingaggio. Al netto che le cifre riportate siano tutte vere (e fine di questo articolo è portarvi a dubitarne), ovviamente le lodi per Galliani si sprecano, con il Milan che ne è uscito come un club dalle indubbie capacità gestionali, in sede di calciomercato e non.
L’apparenza, insomma, conta moltissimo ed è un motivo in più per dichiarare il falso nel momento in cui viene presentato un giocatore.
Pensate se Kakà fosse tornato al Milan per 30 milioni di euro e ne avesse guadagnati 8 all’anno: sarebbe stata comunque una plusvalenza, sarebbe stato comunque uno stipendio andato a calare, eppure l’opinione pubblica e i media non avrebbero di certo elogiato una simile operazione. E ancora, vi immaginate nello spogliatoio del Milan cosa sarebbe successo? Pensate che Mino Raiola, procuratore di Balotelli, sarebbe rimasto zitto e muto nel vedere l’ingaggio concesso al nuovo arrivato? No di certo.
Insomma, c’è del marcio, e con esso grandi bugie.
Oramai dell’iter di un trasferimento si conosce davvero poco, salvo l’epilogo costituito il più delle volte da uno scarno comunicato stampa che riporta tutto fuorchè i dettagli dell’operazione. Addirittura, a volte (come accaduto per Cazorla con l’Arsenal), per cercare di essere precisi (ridiamo, nda) assistiamo a comunicati con cifre parecchio lontane fra loro: “acquistato per una cifra compresa fra i 12 e i 16 milioni di sterline”. Pensiate sia credibile?
Fa sorridere, inoltre, notare come la mancanza di trasparenza si segnali nei soli trasferimenti singoli. Tutte le altre rendicontazioni, infatti, sono messe a nudo ogni anno da ogni club: sponsorizzazioni, redditi, diritti tv, merchandising, sono tutte voci consultabili anche dalla gente comune. Il trasferimento di un calciatore, invece, resta segreto.
Un esempio eclatante è lo Swansea City: con il 20% della società di proprietà dei tifosi, la società ha comunicato le cifre ufficiali degli acquisti di Bony e Amat, ma non ha reso pubbliche quelle di altre quattro operazioni di mercato attuate quest’estate. I tifosi, pseudo-proprietari del club, che nemmeno conoscono a pieno le entrate e le uscite del club di cui sono titolari. Incredibile.
In futuro, poi, le cose sono destinate addirittura a peggiorare: è vero che tanto si parla del fair-play finanziario, ma guarda caso negli ultimi tempi ci siamo abituati a nuove voci in sede di contrattazione, quali “bonus”, “riscatti e controriscatti”, “fondi d’investimento”.
Bisognerebbe cercare di far capire ai dirigenti del calcio che questo sport continuerà a esser tale se si tornerà ad avere rispetto per i tifosi, che il calcio ancora lo amano e lo seguono permettendogli di mantenere un enorme vortice di interessi. D’altra parte se milioni di persone si innamorano di videogiochi quali Football Manager o Fantasy Manager, oppure delle nuove funzioni gestionali di Pes e Fifa,significa che loro stessi vogliono sapere e comprendere bene le dinamiche di mercato anche sotto l’aspetto economico.
Vagli a dire, però, ai Woodward, ai Galliani, ai Marotta che il calcio è ancora uno sport e come tale va trattato.
Ma il calcio è ancora uno sport?
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