di Francesco Trupia
Dopo un anno difficile dal punto di vista politico ed economico, l’America Latina sembra poter annunciare la sua ennesima sfida su scala globale. Come definito dal governatore argentino di Entre Ríos, Sergio Urribarri, che ha anche ufficializzato l’appuntamento del 16-17 dicembre nella città brasiliana di Paraná, lo «storico avvenimento» riguardante l’incontro tra esponenti dei Paesi membri del MERCOSUR e dell’Alleanza del Pacifico (AP) potrebbe spostare in modo decisivo l’asse dell’economia globale verso il continente latino-americano.
L’ufficiale volontà politica dei due blocchi economici di promuovere una definitiva integrazione e crescita, non solo regionale ma anche mondiale, valorizza una possibile unione che manifesta statistiche più che notevoli. Il possibile futuro blocco MERCOSUR-AP rappresenterebbe, con i suoi 47,7 miliardi di dollari, l’80% delle esportazioni dell’intero sub-continente, per un valore dell’export che si aggira intorno ai 23,7 miliardi di dollari e che oscilla su scala globale tra il 5%-6% dei beni e servizi provenienti dalla stessa area geografica. Inoltre, MERCOSUR e AP rappresentano il 90% del PIL dell’intera America Latina, compresa anche la comunità caraibica, ed il 25% – ossia 1/5 – di quello globale.
Tra le figure istituzionali più rilevanti presenti alla tavola rotonda svoltasi il 23 novembre scorso nella capitale cilena di Santiago vi erano il Ministro degli Esteri brasiliano, Luiz Alberto Figueiredo, i suoi omologhi di Messico (José Antonio Meade), Argentina (Carlos Alberto Bianco), il vice Ministro colombiano degli Esteri (Arturo Morales), il Cancelliere del Perù (Carlos Morales Moscoso) – in rappresentanza anche dei Paesi del gruppo Caribe –, il Direttore Generale delle Relazioni Economiche Internazionali del Cile (Andrés Rebolled) ed il Segretario del Ministero dell’Economia del Messico (Ildefonso Guajardo).
Presenti anche molti esperti di commercio internazionale, istituti accademici, aziende private e pubbliche, business leader e diverse sigle sindacali. Durante la settimana tra il 24 ed il 30 novembre si è discusso della definizione di una reale integrazione economica capace di puntare non solo verso prospettive ed obiettivi commerciali comuni ma, soprattutto, capace di imporre su scala internazionale un fronte latinoamericano che rappresenti un modello politico-culturale per le sfide che l’economia mondiale presenterà nei prossimi mesi. Uno degli interventi più calzanti è stato quello del Cancelliere peruviano Moscoso che ha esposto i possibili esempi da seguire di cui proprio l’America Latina è promotrice. Il riferimento alla regione dei Caraibi, comunità che egli stesso rappresentava ai lavori di Santiago, è stato più che palese.
Anche Gerardo Gutiérrez Candiani, uno dei massimi rappresentati dell’imprenditoria messicana, ha evidenziato come uno il piano delle negoziazioni commerciali tra Messico ed Argentina, rispettivamente membri dell’Alleanza del Pacifico e del MERCOSUR, potrebbero ricevere ulteriori spinte propositive qualora l’unione dei due blocchi economici si realizzasse.
Nell’inaugurare i lavori con il suo intervento di apertura, la Presidente cilena Michelle Bachelet ha fin da subito cercato di sponsorizzare una politica di incontro tra i due blocchi economici in cui l’uno non risulti dipendente dall’altro o che possa modificare, sulla scia di un tale importante cambiamento, caratteristiche e funzionamenti interni. È apparsa ancora più chiara la definizione utilizzata dal Direttore Generale delle Relazioni Economiche del Cile, che ha parlato di un «vincolo di intendimento tra i due blocchi».
I giorni precedenti l’incontro di Santiago in molti avevano manifestato un certo pessimismo sul buon esito della manifestazione. Anche la Presidente Bachelet, promotrice dell’evento, aveva dichiarato di non espettarsi un inizio semplice e capace di condurre verso un progetto definibile in pochi giorni e pronto ad essere presentato ufficialmente ai vari governi nazionali.
Lo scetticismo della Bachelet, rimarcato anche dall’intervento del suo Ministro degli Esteri, Heraldo Muñoz, sembra al momento essere sostenuto in modo strategico. Appare evidente che la volontà di cooperazione di Paesi in forte crescita, come il Cile appunto, o anche il Messico, venga momentaneamente posta in secondo piano per promuovere una nuova crescita di quei Paesi che, dopo essere stati definiti “giganti sudamericani”, hanno mostrato nel 2014 le loro carenze strutturali. Di fatto, l’obiettivo da delineare nel prossimo incontro in Brasile sembrerebbe quello di evitare una zona di libero scambio tra i due blocchi economici e puntare direttamente ad un’integrazione più stabile e realmente concreta.
Dopo l’evento calcistico di luglio e la combattuta sfida elettorale di ottobre, il Brasile sembra poter perdere la propria leadership regionale proprio dall’integrazione dei due blocchi economici. La volontà di velocizzare nuovi accordi e negoziati commerciali con i Paesi latinoamericani e l’Unione Europea si infrange dinnanzi ad una seria crisi economica che potrebbe, all’inizio del 2015, condurre al collasso l’intero settore della domestic industry.
Il Partido dos Trabalhadores, nonostante la difficile riconferma, si ritrova spaccato al suo interno proprio sulle tematiche di natura economica che, secondo alcuna parte dell’establishment di governo, dovrebbero (ri-)dare nuovo respiro e possibilità di crescita a partire dal nuovo anno. Al momento il governo Rousseff ha approvato solamente un fondo speciale per la promozione del turismo regionale coinvolgendo sia membri dell’AP, come Uruguay e Paraguay, che del MERCOSUR, come l’Argentina. [1]
Dinnanzi ad un Congresso completamente diverso rispetto agli scorsi mandati dei Presidenti Rousseff e Lula, le politiche del Washington Consensus non convincono la Rousseff che, anche in un’ottica di una maggiore integrazione nel gruppo BRICS, sta conducendo il Paese ad agganciarsi alle strategie già espresse dalla nuova potenza cilena. All’interno del MERCOSUR le altre due maggiori potenze, ossia Argentina e Venezuela, presentano risultati facili da interpretare in negativo. Caracas, infatti, ha raggiunto un tasso di inflazione pari al 63,4%, riconfermando quello di agosto, mentre Buenos Aires si attesta intorno al 40%.
Non appare strano, quindi, che uno dei Paesi membri dell’Alleanza all’interno dell’America Latina possa rappresentare per il Brasile un nuovo partener strategico. Come analizzato già nel 2010 dall’Organizzazione Mondiale del Commercio (OMC), i Paesi dell’AP hanno aumentato il loro export del quasi 60% in più rispetto a quello del blocco MERCOSUR.
Il discorso della Bachelet ha rimarcato importanti argomenti assai importanti per l’avvio di una seria integrazione regionale. Il raggiungimento di un’unità d’intendi dal punto di vista economico tra MERCOSUR e Alleanza del Pacifico, dovrebbe evitare di porre come prima tappa quella tariffaria, definita come «irrealistica» dalla stessa Bachelet.
Se da una parte il Paese leader del MERCOSUR, ossia il Brasile, ha espresso la sua pragmatica volontà politica di abbassare prezzi e dazi doganali tra i Paesi della regione al 35%, dall’altra l’AP sarebbe pronta a tagliare addirittura del 90% le proprie. Tale cifra è già realtà all’interno degli scambi commerciali dei Paesi membri del blocco del Pacifico grazie al varo del Protocolo Adicional al Acuerdo Marco de la Alianza che ha liberalizzato la quasi totalità dei beni in commercio. [2]
Al di là del tentativo cileno di sponsorizzare un’integrazione regionale capace di presentarsi in modo autorevole ai grandi mercati internazionali, l’interesse e gli obiettivi nazionali del governo di Santiago appaiono evidenti. I Paesi membri del blocco ad est delle Ande hanno nell’ultimo biennio aumentato una importante cooperazione interna capace di condurre il Banco Nacional de Comercio Exterior – Banco de Desarollo (Bancomext) a palesare un forte interesse nel finanziare investimenti commerciali sulla linea Cile-Messico. Nel momento della loro maggiore crescita economica, saranno Paesi come Cile, Messico, Paraguay ed altri appartenenti alla comunità caraibica, a rappresentare il centro del nuovo sviluppo latinoamericano.
La crescita del Messico nel 2014, stilata intorno al 4% e capace di un surplus di ben 767 miliardi di dollari proveniente dal mercato nazionale, era stata anticipatamente riconosciuta dopo l’incarico di presidenza pro tempore dell’Alleanza del Pacifico dal giugno 2014 fino a quello del 2015. Il Cile si è affermato come polo di attrazione dell’Asse del Pacifico e proprio lo scorso mese di novembre, dopo gli inviti del portavoce del Ministro degli Esteri cinese, Qin Gang, la Presidente Bachelet è stata ospite al summit APEC in Cina insieme al Presidente del Perù Ollanta Humala Tasso ed al Premier canadese Stephen Harper.
In realtà proprio il Canada, in qualità di Paese osservatore dell’Alleanza del Pacifico, ha condotto subito dopo gli incontri in Cina la conferenza Alianza del Pacifico: aprovechando las oportunidades de negocios en las Amécas, con la partecipazione dei quattro Paesi storici del blocco economico. L’incontro è stato ospitato dalla sede del Vancouver Board of Trade davanti la presenza di rilevanti figure istituzionali provenienti da Corea del Sud, Australia e Vietnam.
La strategia dell’Alleanza del Pacifico è quella di aumentare ulteriormente la propria crescita interna non solo grazie alle possibilità offerte dall’attuale vicinanza del MERCOSUR ma, aspetto assai più rilevante per il 2015, ufficializzando una “bi-oceanic strategy” che vedrebbe proprio nel Cile uno dei poli geopolitici più importanti. [3]
L’idea di sponsorizzare un naturale processo di integrazione tra “le due economie” dell’America Latina ha come obiettivo quello di attirare l’attenzione degli oltre trenta Paesi osservatori dell’AP nell’intera macro-area, ripristinando la crescita del Brasile sul versante Atlantico, ossia verso l’Europa.
Ad est delle Ande gli ottimi risultati raggiunti dal Trattato di Libero Scambio con Australia e Cina, sponsorizzato dall’Associazione delle Nazioni del Sud-Est Asiatico (ASEAN) e dal Foro de Cooperación Económica Asia-Pacífico e l’Unione Europea, hanno costretto tutti i Paesi del MERCOSUR a cambiare le proprie strategie in materia di negoziazione. Oltre al Canada, la partnership con l’Australia condurrebbe in tutto il Sud America circa l’85% di beni e servizi immessi nel mercato internazionale da Canberra che, secondo previsioni ufficiali, arriverebbe in poco meno di quattro anni tra il 93% ed il 95%. L’importanza delle relazioni latinoamericane con l’Australia sponsorizzerebbe ulteriormente i già saldi contatti sul Pacifico, quindi con Giappone, Corea del Sud e Cina. Questo scenario avrebbe un importante “effetto domino” sui Paesi dell’AP che, aumentando le relazioni commerciali con l’ASEAN, si troverebbero dinnanzi alle opportunità legati ai mercati nazionali del Brunei, Stati Uniti d’America, Malesia, Nuova Zelanda, Singapore e Vietnam.
Sull’asse dell’Atlantico, invece, vi è in discussione un memorandum d’intesa che l’intera regione latino-americana, Brasile in primis, ha discusso con l’Unione Doganale Euroasiatica (UDE), affinché Paesi come Bielorussia e Kazakistan possano usufruire della strategia di Mosca in Eurasia e quella di un’economia sempre più emergente in America Latina. La possibilità della buona riuscita del memorandum tra i due blocchi geografici è arrivata lo scorso mese dal Ministro della Commissione Economia Eurasiatica, il russo Andrey Splepnev, che ha incoraggiato maggiormente il blocco del MERCOSUR ad iniziare a promuovere una lunga stagione di investimenti e cooperazione economica.
La convergenza dei due blocchi economici, in passato spesso in contrasto tra loro, potrebbe trasformarsi in un catalizzatore di integrazione all’interno del continente latino-americano. Al contrario, sarebbero le dinamiche interne alla macroregione che potrebbero distruggere uno dei progetti più importanti per l’America Latina.
A partire dal gennaio 2015 il Venezuela presiederà il Parlamento del MERCOSUR, dopo che nel 2013 un piano di integrazione con i restanti Paesi del blocco economico aveva condotto Caracas ad essere addirittura candidato al Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite in qualità di membro permanente. Proprio il Venezuela, dilaniato dall’inflazione galoppante, viene attualmente tenuto sotto controllo dagli stessi organi di sicurezza internazionale l’avvicendarsi di pericolosi fenomeni illegali lungo il confine colombiano.
Oltre alla nascita del mercato nero del dollaro ed il paradosso della mancanza di benzina nel secondo esportatore di greggio in America del Sud, che conduce lo spaccio di quest’ultima proprio in Colombia, il Venezuela ha visto bloccato il Free Residence Area per i propri connazionali che richiedevano i documento per vivere proprio a Bogotá. Lo scorso anno, secondo i dati ufficiali della World Bank, sono stati oltre 15.000 i venezuelani che hanno richiesto permessi di soggiorno per la Colombia.
Al momento i due governi nazionali stanno cercando di risolvere diplomaticamente la diatriba ma, nonostante ciò, sono proprio tali vicende che potrebbero incrinare i rapporti bilaterali tra i Paesi del Continente e sancire la fine di un progetto ancora in fase di definizione.
* Francesco Trupia è Dottore in Politica e Relazioni Internazionali (Università di Catania)
[1] Secondo l’Agência Câmara brasiliana, il primo contributo annuale già stanziato si aggira sui 603.000 dollari, del quale il Brasile apporterà 391.950 (65%), l’Argentina 120.600 (20%), e la restante parte Uruguay e Paraguay rispettivamente con una quota di 45.225 a cada uno (7,5%).
[2] Uno dei pilastri più importanti di tale protocollo è quello in ambito sanitario in cui precisi farmaci potranno essere venduti senza particolari tassazioni. All’interno di una regione considerata dal molti di “Secondo Mondo” l’importanza di tale progetto è fondamentale.
[3] Tale definizione è stata utilizzata durante la settimana di lavori a Santiago dal Ministro degli Esteri del Cile che ha seguito quello di apertura della Bachelet.
Photo credits: AFP
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