L’abbiamo lasciata fasciata in un completo nero e bianco esultante per il discorso di ringraziamento di Patricia Arquette, al fianco di Jennifer Lopez, all’ultima edizione degli Academy Awards e ora la ritroviamo in sala nelle vesti della strega cattiva di Into The Woods, pellicola diretta da Rob Marshall, basata sul musical di Stephen Sondheim, nella quale si intrecciano le trame di quattro classici delle favole (da Cappuccetto Rosso a Cenerentola), ruolo per il quale ha ricevuto l’ennesima candidatura agli Oscar. L’instancabile Meryl Streep continua a calcare set da quasi quarant’anni, scegliendo copioni che spaziano per generi e buget e ruotano quasi sempre intorno ad un forte personaggio femminile, in virtù della battaglia per la quale lotta contro il sistema hollywoodiano che tende a relegare le attrici che hanno superato una determinata soglia anagrafica verso ruoli ripetitivi, secondari e quasi sempre materni. Attrice dei record, con 19 nomination agli Academy, 8 Golden Globe e un Leone d’oro alla carriera, Meryl Streep è il Re Mida del cinema, contribuendo ad incrementare la fortuna delle pellicole alle quali prende parte.
Alla seconda apparizione sul grande schermo, nel 1978, condivide il set con Robert De Niro, diretti da Michael Cimino ne Il Cacciatore per abbandonare poi le ambientazioni di guerra l’anno successivo chiamata da Woody Allen per il suo meraviglioso Manhattan. Con Dustin Hoffman si scontra nel dramma familiare Kramer contro Kramer per il quale vince il primo Oscar della sua carriera. Negli anni ’80 si destreggia tra pellicole drammatiche (La scelta di Sophie, La mia Africa, Un grido nella notte) e commedie (She’s Devil). Gli anni ’90 la consacrano definitivamente grazie ad una serie di ruoli, come quello dell’attrice priva di talento ma avida di fama in La morte ti fa bella, la casalinga malinconia de I ponti di Madison County e Lee nel drammatico La Stanza di Marvin. La seconda parte della sua carriera, che coincide con l’inizio del nuovo millennio, continua a vederla protagonista di pellicole importanti, da The Hours, The Manchurian Candidate a Radio America, e le regala dei ruoli entrati nella recente storia del cinema. Ne Il Diavolo veste Prada infatti è la terribile e algida Miranda Priestly, mentre nel 2008 porta sul grande schermo il personaggio di Donna, protagonista dell’omonimo musical, Mamma Mia!, e tre anni dopo veste i panni di Margaret Thatcher in The Iron Lady che le regala la sua terza statuetta d’oro. Dopo aver lavorato con registi del calibro di Mike Nichols, Jonathan Demme, Spike Jonze e Robert Altman, Meryl Streep ha attraversato il cinema americano diventandone un simbolo e dando l’idea di non avere la minima intenzione di mettersi da parte.
Manuela Santacatterina