L’inizio di una rinnovata tradizione. Il 15 agosto dello scorso anno, dopo 88 di tormentata assenza, la messa è tornata nel monastero greco-ortodosso di Sümela nei pressi di Trabzon, uno dei luoghi simbolicamente più rappresentativi della cristianità orientale, della sua fioritura come della sua drastica disgregazione: fondato nel 386 durante il regno di Teodosio dopo il rinvenimento miracoloso di un’icona della Vergine, erto su di uno sperone di roccia a 1200 metri come fortezza dello spirito e del sapere, protetto dai sultani e abbandonato per molti decenni ai vandali in età repubblicana, custode di tesori artistici e da qualche anno quasi pienamente restaurato.
Nel 2010, a celebrare la divina liturgia nel giorno della Dormizione di Maria, è stato il patriarca ecumenico di Costantinopoli in persona, Bartolomeo I. Che commosso aveva esclamato, prima di ringraziare Dio e il ministro della cultura e del turismo Ertuğrul Günay, responsabile finale dell’autorizzazione ricevuta: “oggi la Vergine Maria ha smesso di piangere”; per poi rivendicare la centralità di una cultura del pluralismo e della coesistenza – radicata nel defunto impero Ottomano, oggi svalutata ma in parziale ripresa – come antidoto a ogni forma di discriminazione e di violenza. L’esperimento dello scorso anno è stato ripetuto: condotto anche stavolta da Bartolomeo, affiancato dall’arcivescovo Demetrios primate d’America; partecipato da pellegrini provenienti soprattutto dall’estero – dalla Russia, dalla Georgia, dagli Usa – ma in numero decisamente inferiore, mille contro tremila; libero dalle tensioni politiche che avevano accompagnato l’edizione del 2010.
Il 15 agosto è una data densa di ricorrenze: perché è anche l’anniversario della caduta dell’impero greco di Trebisonda, sul mar Nero, espugnata nel 1461 da Mehmet II “il Conquistatore”. Città portuale e mercantile sulla via della seta e in passato cosmopolita per eccellenza non meno di Istanbul, diventata Trabzon è oggi ancora abitata da piccole comunità superstiti (greci pontici e lazi di origini georgiane, con in più i nuovi immigrati dall’ex Unione sovietica) ed è l’epicentro in Turchia delle pulsioni nazionaliste più estreme contro le minoranze etniche e religiose. A Trabzon è stato ucciso don Andrea Santoro (nel 2006), di Trabzon è originario l’assassino del giornalista e intellettuale turco-armeno Hrant Dink (nel 2007): entrambi freddati da adolescenti legati ai circoli più oltranzisti, probabile manovalanza dello “Stato profondo” antidemocratico. Gli incidenti temuti l’anno scorso non si sono verificati, quest’anno persino Facebook è stata immune da pagine di protesta: una metabolizzazione forse completata.
Nella sua omelia, Bartolomeo ha ringraziato anche stavolta il governo turco e si è rivolto ai “fratelli musulmani” che celebrano il Ramadan: richiamando una sura del Corano dedicata a Maryam/Maria, figura venerata dall’Islam. Quel che unisce più di quel che divide, in nome di Maria: “il rispetto reciproco e la fratellanza devono essere la nostra unica preghiera”, una preghiera congiunta – per la pace nel mondo, per l’umanità, per un futuro condiviso – di tutti i musulmani e tutti i cristiani, una necessità ineludibile dopo la strage di Utoya in Norvegia e a poche settimane dal 10° anniversario dell’11 settembre – violenza nel nome della religione. Lungamente intervistato dalla televisione privata Ntv, dopo un appello agli aiuti per la Somalia, il patriarca del Fener non si è sottratto alle domande scomode. Interpellato sull’attesa riapertura del seminario sull’isola di Halki, chiuso dopo il colpo di stato militare del 1971, ha sconsolatamente risposto che attende da tempo una decisione del governo turco: e che la situazione attuale, che non permette la formazione del futuro clero, danneggia non solo la comunità romea ma anche la Turchia; aggiungendo che, in attesa di una decisione ufficiale sulle proprietà confiscate dallo stato, potrebbe rivolgersi direttamente alla Corte europea dei diritti umani per ottenere giustizia e risarcimenti.
Il contenzioso resta aperto, tutti guardano però fiduciosi alla nuova costituzione che inizierà a essere dibattuta a ottobre: perché i segnali di apertura sulle libertà religiose da parte del governo dell’Akp sono incoraggianti, evidenti nelle attività di restauro di chiese e monasteri in rovina e in qualche concessione – politicamente rilevante – alle esigenze liturgiche, a Sümela come in altri luoghi altamente rappresentativi per i greco-ortodossi, gli armeni, gli aramei, i cattolici (la chiesa di San Paolo a Tarso, ad esempio). Lo ha riconosciuto anche il ministro degli esteri greco Lambrinidis, in visita privata sull’isola di Imvros – qualche giorno fa – in occasione dei festeggiamenti per i 50 anni di diaconato di Bartolomeo: che ha sottolineato “i passi positivi compiuti da Erdoğan per il rispetto delle minoranze cristiane e nel processo di normalizzazione dei rapporti con la Grecia.” Giorni di festa, parole di pace.