Come la nostra nazionale, incapace di far sognare per qualche ora chi non viene lautamente pagato per passare un po' del suo tempo a correre in mutande, anch'io ho forse bisogno di fermarmi un momento, schiarirmi le idee, azzerare il contachilometri parziale.
Anche il mio gioco, malgrado la lunga esperienza e i successi passati, non sembra portare da nessuna parte. Eppure non devo ubbidire a un allenatore ottusamente presuntuoso, vincitore di un mondiale grazie a una serie di fortunate coincidenze, ma di vedute assai ristrette. O forse l'allenatore sono io. Sono io che da ottuso presuntuoso non ho saputo adattare il mio gioco alla situazione attuale.
Ma sono un allenatore che non può permettersi il ritiro anticipato. Devo solo mettere insieme una strategia nuova rispetto a quella che ho adottato fino a ora. Trovare qualcosa di diverso, calibrare il cannone e, smettendo di sparare nel mucchio, cercare obbiettivi più mirati o, come dicevano gli americani, effettuare bombardamenti chirurgici (surgical bombing).
Non credo che il futuro della carta stampata sia segnato. Esistono nicchie, come quella di settore, che avranno ancora lunga vita, anche se difficile. E comunque, quale che sia il futuro dell'editoria, la figura dell'art director e del grafico, resterà una presenza importante; magari non come vent'anni fa, ma abbastanza da mandarmici in pensione.
Mi domando solo se davvero questa crisi è ancora in piena espansione proprio come quella che sembra attanagliare quasi tutte le squadre europee più blasonate, oppure sia in fase remissiva. C'è chi dice che siamo semplicemente nell'occhio del ciclone e dovremo aspettarci nuove ondate di disastri finanziari. Spero di no, perché le scorte si vanno assottigliando sempre più e non credo di poter resistere ancora per molto.