Ma chi va in vacanza in Eritrea? Io ci sono stata! Per caso, perché cercando di conciliare esigenze varie (un posto nuovo; godibile in una settimana in autunno; dove magari poter combinare subacquea e cultura; assenza di disastri, conflitti e villaggi turistici) la scelta è caduta su questo paese africano. Organizzarci non è stato ovvio, abbiamo dovuto convincere l’agenzia a cui ci appoggiavamo che eravamo pienamente consapevoli della nostra scelta, ci hanno persino chiesto di comprare la tenda in cui avremmo dormito, visto che lì Decathlon non c’è.
Nonostante di recente mi sia trovata ad affermare “Mah, quando hai visto il resto, vai in Eritrea”, mi sono poi morsa la lingua. Ogni luogo una storia da raccontare, e per noi Italiani l’Eritrea è un pezzo di storia nazionale. Una terra varia, di gente gentile. Quindi, ecco undici ragioni per andare in Eritrea.
1 – Perché il nome a questo giovane stato del Corno d’Africa, indipendente dal 1993, l’abbiamo dato noi alla fine del XIX secolo, quando questa zona divenne colonia italiana. Adesso non si incontra un turista italiano neanche a pagarlo, quindi si va veramente in vacanza!
2 – Perché Asmara, la capitale, “sa di casa”. In Eritrea gli architetti italiani si sono sbizzarriti in fantastici esempi di déco italiano, di modernismo. C’è l’edificio razionalista del Cinema Impero, con le scritte “ingresso” e “uscita” sulle porte. C’è la FIAT Tagliero, brillante esempio di architettura futurista. C’è la zona residenziale con delle villette così curate che sembra di essere a casa. Poi ti rendi conto che la vita della popolazione locale è andata avanti anche senza di noi italiani, ma il fatto che abbiano conservato gli edifici fa sentire meno “invasori”.3 – Perché il cibo locale e il cibo italiano convivono in armonia. La “Casa degli Italiani”, ex sede governativa e militare, fa ottimi piatti di pasta. Il caffè espresso dei bar di Asmara è buono, anche se le macchine del caffè sono a dir poco vintage. Spaghetti e frittata si trovano ovunque, e di ottima qualità, negli stessi ristorantini che servono stufato di capra o injera. L’injera, che si mangia anche in Etiopia, è una specie di piadina spugnosa fatta con miscele di grano, fermentata per tre giorni prima della cottura, e poi cotta su una speciale piastra. Serve da supporto a carne, verdure ed intingoli vari, e si mangia con le mani. Va provata, ma la piadina è un’altra cosa…
4 – Perché si prega e si parla di tutto. Nove etnie convivono pacificamente in un unico stato. A Keren, crocevia di genti e culture, il muezzin accompagna l’arrivo del tramonto e gli uomini in caftano e turbante di ritorno dal souk. Ad Adi Keyh, nel freddo delle montagne a 2500m, una processione di fedeli copti ci ha dato il buongiorno alle quattro del mattino. Spesso l’italiano torna più utile dell’inglese, specialmente con le persone anziane. Vita facile per i meccanici immigrati, le parti delle auto si chiamano tutte in italiano!
Traffico fra Keren e Massawa
5 – Per percorrere la “strada degli italiani”, da Asmara a Massawa, più di 100km da 2400m al mare, con curve e tornanti, in mezzo alla foresta. Dalla strada si vede la ferrovia, anche questa costruita dagli italiani, che dovrebbe tornare in funzione.
6 – Perché se non ci vai tu, a Massawa non ci sono turisti. Ti è mai capitato di poter scegliere la stanza in un hotel a cinque stelle (africane…) completamente vuoto? Antica città araba, poi portoghese, turca, egiziana, italiana, inglese, etiope…Doveva essere un porto ricco e pieno di vita, sulle meravigliose sponde del Mar Rosso. Oggi è un’affascinante città fantasma, con bellissimi edifici sfregiati dalle bombe dell’ennesima guerra, addormentata sotto il sole rovente. Come consolazione c’è il ristorante Luna, con le sue patatine fritte tagliate a mano e i gustosissimi fish fingers (la versione originale dei bastoncini Findus).7 – Per giocare a Robinson Crusoe alle isole Dahlak. Forse 300 isole, solo 3 o 4 abitate, quasi la metà senza nome. Isole aride, senza acqua dolce, attorno a cui la tua barchetta (due turisti e tre accompagnatori, serviti e riveriti!) è l’unico mezzo da diporto. Pianti la tenda in riva al mare, fai immersioni in queste acque bollenti ricche di vita, e poi per cena spaghetti al sugo di pesce e pesce alla griglia (ma se il capitano non pesca, son patate lesse e pomodori). E poi al mattino shopping sull’isola di Dissei! Solo collane di conchiglie, però.
Il Sicomoro Gigante
8 – Per farsi una foto davanti al sicomoro gigante, sulla via per Dekemhare. Maestosi alberi, vecchi di 300 anni, raffigurati anche sulla banconota da 5 nafka (mezzo euro, anche meno) , fanno pensare allo spirito di questo Paese: nonostante tutto, resisto.
9 – Perché l’acconciatura delle donne eritree dà risalto ai loro zigomi alti e ai loro bellissimi occhi. Fronte scoperta, capelli intrecciati schiacciati sul cranio che si aprono poi in un cespuglio selvaggio sulla nuca. Grossi orecchini e leggerissime sciarpe in cotone bianco completano il look.
10 – Per visitare Qohaito, a 2700m, area axumita e pre-axumita (primo millennio) improvvisamente scomparsa dalle cronache dell’epoca dopo il VI secolo. Gli scavi sono iniziati da poco, ma già meritano una visita. Pare ci fosse anche una casa della regina di Saba, che però aveva dimora anche sull’altra sponda del Mar Rosso, in Yemen. Realtà o leggenda, le montagne a Qohaito tolgono il fiato, e ricordano il vicino Yemen. Percorrendo poi a piedi una meravigliosa strada sulla montagna si arriva ai graffiti di Adi Alauti, grotte pitture di uomini e animali rossi e bianchi.
11 – Per mille altre ottime ragioni. E perché forse una maggior attenzione internazionale aiuterà questo paese così fiero ad uscire dal suo isolamento politico e dalla crisi economica derivata dai conflitti con l’Etiopia.