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Sei mesi fa, ero a Milano. Sembra ieri. Andavo su e giù per la città con macchina fotografica al collo e fidato iPhone collegato ad ogni tipo di social nell'altra. E' strano come il più delle volte non ci si accorge dello scorrere del tempo, finché non ci si ritrova di fronte ad un evento, ad un fatto, che ci scolla dalla nostra routine e ci urla in faccia "SVEGLIAAAAAA!!!".
La Fashion Week di settembre è stata un'esperienza davvero divertente. Stavolta invece ho potuto essere solo da fredda spettatrice, davanti ad un computer. Fredda si fa per dire... al riparo dai nefasti agenti atmosferici che hanno torturato Milano in questi giorni (lode al mio amato lavoro). Nessuno, quindi, sarà in grado di convincermi che la primavera è già qui. Neppure la più scosciata, senza calze, senza maniche e poco vestita della città. No, non ci credo. Nessuno mi convincerà che in nome della moda (o di uno scatto), è cosa buona e giusta prendere una bronchite, se ti va bene un raffreddore. Grazie, sto meglio in salute io, salute a voi che starnutite!
Cose che neppure quando si sale sulle passerelle riesci a intravedere. Anche quest'anno modelle, che invece di starci sù, sono loro stesse degli spilli. Regali, spigolose, leggere, altere, divine. Il solito meccanismo che si mette in moto, fatto di piedi messi uno davanti all'altro, di trucchi che si fanno sempre più delicati, di tacchi che si fanno sempre più rasoterra, di acconciature spettinate, di "stilisti" che alla fine fanno capolino, con i capelli sempre più bianchi.
Oggi si è conclusa la Fashion Week Milanese, che ormai non dura più 7 giorni, ma soltanto 6 ( a dirla tutta 5 e mezzo). Dove Miranda colpisce ancora, lasciando la città prima della conclusione dello show di uno dei pilastri nazionali. E al caro Giorgio non resta che inghiottire il boccone amaro e restare indignato. Sentimento che dovrebbe essere condiviso con forza da tutti coloro che ci lavorano e che credono ancora nel caro vecchio paese.
Eppure tutto pare passare inosservato. Dopotutto domani si ricomincia alla volta di Paris. Dopotutto bisogna pensare a vendere all'estero, ad ampliare i mercati, abbattere i confini. A me pare che siamo sulla strada giusta... di un'invasione barbarica. Polverone sollevato... Domanda: cosa resterà della MFW 14? Sono certa che la bellezza resta sempre e riesce ad abbattere i confini del tempo, lasciando un segno indelebile.
1 _ LA MAGIALe luci sono spente, c'è un brusio insistente in sala. Poi la musica parte, un faro illumina il fondo della passerella, qualcosa si muove. Un albero, si solleva leggiadro e dietro di lui cominciano a venir fuori, quasi fossero creati dalle sue radici, tanti personaggi che indossano abiti dai tessuti preziosi e ricchi di pietre scintillanti. Principesse, cavalieri, fate dei boschi. Una favola dall'inizio alla fine. Una collezione magica quella creata da Dolce e Gabbana, dove ogni dettaglio è davvero curato con amore e passione.
2 _ LO SHOWUno specchio d'acqua. Lungo il perimetro si riflettono delle calde fiamme. La passerella diventa un cerchio, quasi come a voler comunicare la continuità della storia del marchio che da sempre è sinonimo di sensualità, di abiti femminili, di sete stampate, di pelle di pitone, di pellicce opulente, di tacchi alti. Roberto Cavalli è riuscito a creare un vero e proprio show, dove il singolo capo è nulla di fronte alla visione d'insieme che si va a creare. Ogni passo è ritmico, battente, ipnotizzante.
3 _ IL LABIRINTOCi ho pensato mentre osservavo incantata le falcate decise ma lente, che attraversavano non una passerella, ma un percorso fatto di scalini, di ostacoli da superare, di persone da incrociare senza mai potersi scontrare. Nel grigiore totale dove gli abiti dai tagli geometrici, evidenziati dal giallo, rosso, viola e blu, diventano protagonisti. Così da Prada. Labirinto sociale, mentale, tecnologico che sia... Cercasi via d'uscita.
4 _ IL DETTAGLIOColpi di fulmine. Ti colpiscono quando meno te l'aspetti. E ti innamori così all'improvviso che sarà così per sempre. E' accaduto con la collezione di Fendi. I colori naturali illuminati da lampi di arancio e di rosa. Le scarpe bianche, perché chi si aspettava di vederle in pieno inverno. I dettagli importanti di pelliccia, che diventano decoro oppure parte dell'abito stesso. L'ho amata, dall'inizio alla fine. Soprattutto all'inizio quando la prima modella ha fatto il suo ingresso con un piccolo oggetto peloso. Non una borsa, qualcosa di più, un piccolo Karl, con tanto di codino bianco, occhiale e cravattino. La stessa modella che ha chiuso la sfilata con il vero Signor Lagerfeld a seguito.
5 _ IL COLORESe avessi potuto scegliere avrei voluto vivere i 70s. Sarei stata una figlia dei fiori felice nei miei pantaloni a zampa, dall'alto delle mie zeppe. Avrei fatto corone di fiori e avrei portato gli occhiali da sole più grandi di quanto non faccia oggi. E avrei inneggiato alla pace nel mondo, ovvio. Vedere la sfilata di Gucci è stato come fare un tuffo nel passato ed essere convinti che quegli anni non siano mai andati via. Niente foto in bianco e nero, si al colore. Pennellate gialle e rosa, verdi e azzurre. Siamo nella Londra del 1970 e non lo so?
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