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“Mi chiamo Chuck, ho diciassette anni e, stando a wikipedia, soffro di un disturbo ossessivo-compulsivo” di Aaron Karo

Creato il 21 agosto 2012 da Sulromanzo

“Mi chiamo Chuck, ho diciassette anni e, stando a wikipedia, soffro di un disturbo ossessivo-compulsivo” di Aaron KaroCi sono libri di cui ti innamori prima ancora di leggerli. A volte perché conosci l'autore, o perché ti piace la copertina. Certo non è un buon motivo per amare un libro; forse è solo un buon motivo per comprarlo, ed editori e librai conoscono abbastanza bene questa piccola faccenda.

Io mi sono innamorato di " Mi chiamo Chuck" dal titolo, che nella sua versione completa suona " Mi chiamo Chuck, ho diciassette anni e, stando a wikipedia, soffro di un disturbo ossessivo-compulsivo ". Non si può non amare un libro con un titolo così; e infatti è stata una delle prime sorprese di questa estate. Il libro è di uno statunitense, Aaron Karo, autore di libri di fiction umoristica, e per la verità il titolo originale suona un po' diverso ("Lexapros and Cons" - la traduzione del testo è di Marco Rossari). La versione italiana riprende invece una frase del testo.

Protagonista e narratore è, ovviamente, Chuck; da subito conosciamo di lui due elementi essenziali, ossia che è un adolescente e che ha scoperto di soffrire di un disturbo ossessivo-compulsivo. Non è uno scherzo, né una leggerezza: come la dottoressa S. lo aiuterà a capire, le sue ossessione gli impediscono di avere una vita normale. Chuck era già cosciente del fatto che qualcosa in lui non era normale, ma lo imputava a caratteristiche personali; e impara molto presto a non tentare di spiegare cosa agli altri, che non sembrano in grado di capire. Essere ossessivi-comulsivi non significa essere molto ordinati, o fare delle cose che possono risultare strane: è, invece, essere sopraffatti da una serie di riti e manie che impediscono il regolare svolgimento della vita. Chuck fa l'esempio delle mani: la gente si lava le mani quando sono sporche. Lui si lava le mani continuamente, dopo aver toccato ogni cosa, anche le mani degli altri; a volte se le lava dopo essersele appena lavate e compie incredibili performance per riuscire a non toccare nulla. La patologia arriva nel momento in cui ammette che " spesso è l'unica cosa a cui riesco a pensare." O ancora: " Le piastre elettriche della cucina... Ah bè, le piastre sono un incubo, cazzarola. Se non le controllo, mi convinco che la casa andrà a fuoco [...]. Questo pensiero mi dà il tormento. Quindi controllo le piastre e le manopole di continuo. Più volte al giorno. E i miei genitori non le usano! Io mi masturbo più di quanto loro non cucinino!". Perché, in effetti, anche il " conteggio delle pippe" è una delle ossessione di Chuck, come dichiara fin dalla prima pagina (speriamo non sia questo un disincentivo alla scelta del testo quale lettura scolastica... Ah, la pruderie!).

Karo racconta con leggerezza la vita di Chuck e delle persone che gli stanno attorno (come Steve, il migliore amico, o Beth, la sorella), talvolta con un tocco da favola; questa è una storia che andrà a lieto fine, ed è inevitabile che alcune semplificazioni scappino qui e là. Se all'inizio ogni cosa sembra andare per il verso sbagliato, poi un po' alla volta tutto si sistemerà e il bene tenderà inevitabilmente a trionfare.

" Mi chiamo Chuck " è un libro per ragazzi; il che sembra ovvio sin dalla sua collocazione editoriale (Y di Giunti). Attraverso la leggerezza e l'ironia i ragazzi e le ragazze entrano in contatto con una storia di accettazione di sé, un vero e proprio romanzo di formazione di un io del tutto problematico. Le difficoltà nella vita quotidiana di Chuck permettono la nostra riflessione, ci fanno pensare a quanto per noi alcune cose siano scontate mentre per altri non lo sono. Ad esempio, per il nostro protagonista è del tutto impensabile andare in un campeggio, collettore di tutte le sue fobie; la diversità appare qui in modo sottile, quasi subdolo, perché i compagni di scuola ritengono Chuck solo uno sfigato, e lo ignorano. Anche i grandi, quindi, possono leggere con divertimento il testo, purché accettino, per sessanta capitoli, di tuffarsi in un mondo incasinato e goffo, ma tremendamente dolce e, per questo, quasi poetico.

Una sola nota all'editor: "dì", con l'accento, è l'antonimo di "notte" in senso astronomico, non l'imperativo del verbo "dire". Forse era il caso di farci più attenzione.


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