La notte che Amelio si ruppe la schiena sulla strada di Avigliana, ero andato con tre o quattro a una merenda in collina – mica lontano, si vedeva il ponte – e avevamo bevuto e scherzato sotto la luna di settembre, finché per via del fresco ci toccò cantare al chiuso. Allora le ragazze si erano messe a ballare.
Io suonavo – Pablo qui, Pablo là – ma non ero contento, mi è sempre piaciuto suonare con qualcuno che capisca, invece quelli non volevano che gridare più forte.
Toccai ancora la chitarra andando a casa e qualcuno cantava. La nebbia mi bagnava la mano.
Ero stufo di quella vita.
(Cesare Pavese, incipit de Il compagno)