Non piu’ di stazionamento, bensi’ di possesso. Varia il presupposto oggettivo dell’imposta sulle imbarcazioni e se ne riduce, tutto sommato, l’entita’. Certo si tratta pur sempre di cifre tutt’altro che modeste, ma in ogni caso legate allo status di proprietari di natanti con uno scafo di almeno dieci metri di lunghezza.
Si dissolve lo spauracchio di una tassa da pagare a fronte del sostare in un porto, in banchina piuttosto che in rada, che veniva visto anche come minaccia per il turismo straniero e le imbarcazioni in crociera nei mari italiani. Di contro, però, risultano soggetti passivi dell’imposta coloro che, furbescamente, avevano spostato il proprio yacht nelle vicine Croazia, Francia o Grecia. Dovrebbe cosi’ essere rintuzzata quella che si paventava come la fuga dai porti italiani di tante barche battenti bandiera tricolore.
Adesso per dover pagare l’imposta è sufficiente essere intestatari di un’imbarcazione, quand’anche bloccata da tempo in darsena. E se il problema prima poteva essere la fuga dalle acque territoriali, ora il rischio e’ che piu’ di un appassionato debba rinunciare alla propria barca e quindi la ceda.
Quanto agli importi, si va dagli 800 euro per le unita’ con scafo di lunghezza da 10,01 metri fino ai 25.000 € per i panfili o comunque per gli scafi di lunghezza superiore ai 64 metri. Dieci in definitiva gli scaglioni della tassazione che variano in base alla lunghezza del corpo della nave.
E’ fondamentale rammentare che il balzello risulta “temperato” dal cosiddetto indice di vetusta’. Vale a dire che l’importo della tassa va abbattuto rispettivamente del 15, 30 e 45 per cento se dalla costruzione dell’unita’ da diporto sono trascorsi cinque, dieci o quindici anni (conteggiati a partire dal 1° gennaio dell’anno successivo a quello di costruzione). La tassa colpisce gli italiani residenti, ragion per cui risulterebbe inutile immatricolare il natante all’estero. Pagano la meta’ le barche a vela e (fino ai 12 mt) i proprietari di barche a motore residenti a Venezia e nelle isole minori.
Niente tassa, però, per i primi due anni dalla prima immatricolazione. Misura che serve per allettare alla nautica da diporto e che, probabilmente, spingera’ piu’ di qualcuno a tornare ad esclamare una frase in voga negli anni ’80: “Mi faccio la barca!”.
Dal 1° maggio di ogni anno le unità da diporto sono soggette al pagamento della tassa annuale, nelle misure di seguito indicate:
- a) euro 800 per le unita’ con scafo di lunghezza da 10,01 metri a 12 metri
- b) euro 1.160 per le unita’ con scafo di lunghezza da 12,01 metri a 14 metri
- c) euro 1.740 per le unita’ con scafo di lunghezza da 14,01 a 17 metri
- d) euro 2.600 per le unita’ con scafo di lunghezza da 17,01 a 20 metri
- e) euro 4.400 per le unita’ con scafo di lunghezza da 20,01 a 24 metri
- f) euro 7.800 per le unita’ con scafo di lunghezza da 24,01 a 34 metri
- g) euro 12.500 per le unita’ con scafo di lunghezza da 34,01 a 44 metri
- h) euro 16.000 per le unita’ con scafo di lunghezza da 44,01 a 54 metri
- i) euro 21.500 per le unita’ con scafo di lunghezza da 54,01 a 64 metri
- l) euro 25.000 per le unita’ con scafo di lunghezza superiore a 64 metri
Francesco Rella @FalloSapere