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Mica semplice essere editore (digitale)

Da Marcofre

In realtà questo post è un bluff: che ne so io di editoria? Di editori? Ben poco. A parte l’ebook pubblicato con 40K non ho altro da dire, quindi la mia esperienza è minima. E che cosa sono poi queste competenze?

Quando si vive in un periodo storico come questo dove tutto è rimesso in discussione, anzi viene stravolto, immagino sia necessario tornare a riflettere sul perché si sceglie una certa professione.

Occorre possedere delle competenze, e queste sono inevitabili poiché si gareggia, si entra in competizione (appunto) con altri. Certe barriere all’ingresso si sono dissolte, e se prima era sufficiente entrare nel fortino e mettersi comodi, adesso la partita non si svolge più dentro le amichevoli mura tanto difficili da conquistare. Ma in campo aperto. Il forte rimane, sul colle, ma rischia di essere svuotato di ogni significato. Come le fortezze sulle Alpi: avevano un senso finché c’era un mondo dove l’altro al massimo era un alleato (finché c’era convenienza). Adesso che con fatica si costruisce un’idea di popoli, di collaborazione e solidarietà, le strutture difensive sono abbandonate.

Cosa dovrebbe combinare un editore di libri elettronici? Su quali carte dovrebbe puntare?

Orsù, lo sapete bene di che cosa sto per scrivere: della qualità. Già, che scoperta. Tutto è qualità, tutto deve essere qualità: i porri, i formaggi d’alpeggio, i bulloni. Ormai se vogliamo restare sul mercato dobbiamo puntare sulla qualità, o saranno guai.

Vale a dire?

Due riflessioni (e non è detto che facciano chiarezza). La prima: il libro elettronico deve avere quelle caratteristiche che lo rendono adatto all’uso. Sembra che non significhi nulla, ma in realtà buona parte degli editori (quelli che affrontano il digitale) preferiscono spararsi nei piedi fischiettando un allegro motivetto. Come fanno? Adottano il DRM Adobe. È come studiare un nuovo tipo di armatura quando sui campi di battaglia è arrivato l’archibugio. Auguri vivissimi. I musei si riempiranno di armature bucherellate.

Un libro elettronico adatto all’uso è di qualità se clicco, compro, scarico e leggo. Se viceversa clicco, compro, scarico, devo contattare il servizio di assistenza per capire come “aprirlo”: ecco questa NON è qualità. Il cliente non è la carta di credito: oltre a questa possiede dita, braccia, testa, un cervello… Il periodo della mungitura è finito. Magari tornerà, magari resterà comunque una buona nicchia. Ma è evidente che si tratta di una strategia che merita una coraggiosa riscrittura.

La seconda riflessione. Siccome ormai forti e fortezze sono il passato, anche l’editore di libri digitali deve adottare quella cosa che nell’industria si chiama “qualità totale”. La novità è che se prima il controllo sulla qualità si svolgeva non solo sul prodotto finito, ma anche durante la sua produzione. Adesso questa procedura deve essere estesa anche dopo che il libro è pubblicato. Non basta più dire: il nostro catalogo è di qualità. È come dire che le nostre automobili non esplodono. Grazie, ma perché dovrei comprarne una?

Sia chiaro: la qualità ha delle buone gambe e nessuna paura a scarpinare per il mondo. Però ho il sospetto che lasciata sola, rischi di finire male. Di sicuro l’editore (soprattutto se piccolo o di media grandezza) deve avere chiaro in testa che la strategia non finisce con la pubblicazione. L’impegno di un generale non termina con l’inizio di una battaglia.

Adesso il prode lettore si domanderà: questo tipo ha di certo delle idee luminose su come passare dalla teoria alla pratica.

NO.

Qualche dritta. Tra editore e autore deve svilupparsi una collaborazione che permetta a entrambi di condurre una buona battaglia. Entrambi devono scendere dal piedistallo (soprattutto il secondo). Il primo (l’editore) deve rendersi conto che ogni autore è differente e che pertanto è necessario studiare per ciascuno una strategia particolare. Lo so, non è semplice. Il mondo si è fatto più complicato, e magari può essere una buona strada quella di pubblicare di meno (come alcuni editori hanno scelto di fare). Che gli altri continuino imperterriti a lanciare sul mercato libri su libri è irrilevante: ognuno fa quello che vuole.

Mi permetto di suggerire all’editore digitale di verificare che l’autore abbia una buona presenza sul Web. E che sia di valore. Non parlo di quantità bensì ancora di qualità. Piaccia o no, misurarsi con il mercato (quello deve fare un editore, alla fine), e far finta che la Rete sia un dettaglio è dannoso. Ritenere che il Web sia “comodo” perché permette l’invio del manoscritto attraverso email, senza sforzarsi di capire il funzionamento di Twitter; o non avere un blog, potrebbero diventare in futuro delle valide ragioni per scartare un autore. Esattamente come non avere la patente taglia fuori da diverse occasioni di lavoro.

Aggiungo la solita ovvietà: ricordiamoci che comunque non ci sono garanzie di nessun tipo. Mai.


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