Michail Svetlov
Nacque a Ekaterinoslav il 17 giugno 1903 e morì a Mosca il 28 settembre 1964. Poeta e drammaturgo russo. Proveniva da una povera famiglia ebrea. Dal 1919 membro del Komsomòl (Gioventù Comunista). Nel 1920 prese parte come volontario alla guerra civile in Russia. Inizialmente subì l’influenza del gruppo Kuznica (La fucina). La sua prima raccolta Rel’sy (Rotaie) uscì nel 1923. Negli anni ’40 e ’50 creò liriche patriottiche, riflessive e poemi per il teatro. La sua poesia più famosa è Grenada. Essa è stata musicata da diversi compositori e tradotta in molte lingue. Negli anni della guerra civile spagnola (1936-39) fu uno dei canti più amati dalla brigate internazionali, e durante la II guerra mondiale era l’inno dei prigionieri del campo di concentramento di Mauthausen.
Qual è l’origine di questo poema? Svetlov camminava lungo via Tverskaja a Mosca e giunto nei pressi del cinema Ars (diventato poi Teatro Stanislavskij) in fondo a un cortile vide la scritta Albergo Granada. Lì per lì per celia decise di scrivere una serenata. Continuò a camminare cantando: «Granada, Granada…»
Ma non nacque una serenata, bensì un canto romantico internazionale. Svetlov era a corto di denari e cercò di vendere la poesia a diverse redazioni. Ma non vollero accettarla, non piaceva. Si offrì di pubblicarla la rivista Oktjabr (Ottobre), ma non avevano soldi per pagarlo. Alla fine fu stampata dalla Komsomolskaja pravda (La verità della Gioventù Comunista) il 29 agosto 1926, per un compenso ridotto, cioè 40 copechi a riga, anziché 50 come era stato stabilito, motivando la riduzione con le parole: «Voi, Svetlov, potete scrivere meglio».
Un giorno il poeta Semion Kirsanov lesse Granada. Il poema gli piacque molto, corse subito da Majakovskij e gli lasciò il testo. Alcuni giorni dopo si svolse una serata di Majakovskij al Museo del Politecnico. La sala era stracolma. «Io stavo in piedi – racconterà nel 1957 Svetlov – mi ero stancato e tornai a casa, senza aspettare la fine della serata, ma un mio vicino che era rimasto fino all’ultimo mi disse: – Perché sei andato via? Majakovskij ha recitato a memoria la tua Granada!
In seguito egli la lesse in molte città. Diventammo amici. Una volta sorridendo mi confidò: – Svetlov! Qualunque cosa io scriva non conta, tutti mi chiamano La nuvola in calzoni. Temo che sarà lo stesso con la vostra Granada.
Furono parole profetiche. Ogni mio nuovo conoscente dice subito: – Ah sì, Svetlov! Granada! Da una parte fa piacere, ma dall’altra è un peccato che dopo 40 anni di attività letteraria, io risulti l’autore di una sola poesia».
Granada nella versione di Paolo Statuti
GRANADA
A passo di marcia,
Noi combattenti,
Il canto Jabločko
Stringiamo tra i denti.
Ah, questa canzone,
O steppa, conserva
La malachite
Della tua erba.
Ma un’altra canzone
Di un’altra terra
Qualcuno ha portato
Con sé nella sella.
E canta guardando
Di qua e di là:
«Granada, Granada,
Granada majà!»
E questa canzone
Lui canta assai bene…
Ma come conosce
Le iberiche pene?
Orsù, Aleksandrovsk,
Char’kòv, rispondete:
Da tempo in spagnolo
Cantata l’avete?
Oh dimmi, Ucraìna,
Nel biondo frumento
Taras Ševčenko
Non giace da tempo?
Perché, amico mio,
Canti questa città:
«Granada, Granada,
Granada majà?»
Indugia il ragazzo,
E poi trasognato:
- Granada – risponde –
In un libro ho trovato.
Granada da sempre
In Spagna è situata –
Ha un nome assai bello,
Da tutti è onorata!
La casa ho lasciato,
Io voglio lottare,
La terra ai coloni
Io voglio ridare,
Tornerò dai miei cari,
Quando Dio vorrà!
«Granada, Granada,
Granada majà!»
Correvamo a lottare,
Per capire a fondo
La lingua degli spari –
La lingua dello scontro.
Il sole sorgeva
E poi tramontava,
E il cavallo era stanco,
Eppur galoppava.
Il canto Jabločko
Con gli archi-lamenti
Sonavano tutti
Sui violini dei tempi…
Ma quel canto dov’è,
E’ finito di già:
«Granada, Granada,
Granada majà?»
Colpito nel petto
A terra è crollato,
Il caro compano
La sella ha lasciato.
La luna il suo corpo
Baciò rischiarando,
E dalle labbra uscì:
«Grana…» soltanto.
In terra lontana,
Nelle nubi dov’è,
L’amico il suo canto
Ha portato con sé.
E da allora nessuno
Mai più sentirà:
«Granada, Granada,
Granada majà».
Il reparto non vide
Quel morto guerriero
E il canto Jabločko
Cantò per intero.
Soltanto dal cielo
Sull’alba-velluto,
D’una piccola nube
Il pianto è piovuto…
Ma nuove canzoni
Ha composto la vita…
Ragazzi, non serve
Soffrir per un canto.
Non serve, non serve,
E non servirà…
Granada, Granada,
Granada majà!
(1926)
(C) by Paolo Statuti