Magazine Diario personale

Michela coraggio e le lenti a contatto

Da Micamichela @micamichela
Un sindacato, un sussidio, una pensione, un centro gratuito stile centro anziani dove passare il tempo.
No, no. Noi siamo baciati dalla fortuna, privilegiati, possiamo vivere esperienze che alle persone normali sono precluse.
Noi, ragazzi dello zoo delle lenti a contatto.
Una vita con giornate a scadenza: giornate di 8-10-12 ore a seconda di quanti soldi scegliamo di spendere nelle nostre lentine, i ricchi oltre ad avere i giochi più belli, i vestiti più belli, le piscine più grandi, le macchine più potenti, possono anche rimanere tanto tempo fuori casa.
Una vita di sofferenza, perché ci sono momenti in cui non hai con te gli occhiali, non hai lacrime artificiali, non puoi andare a casa e non ti resta altro che resistere con la sensazione della sabbia negli occhi.
Una vita triste, a pensare a cose deprimenti per farsi venire le lacrime e inumidire gli occhi per provare un po' di sollievo.
Una vita di sfide continue per non rompere con le unghie quella sottile membrana mentre la pulisci con il polpastrello.
Una vita al limite, sul filo del rasoio, perché dai, non mi danno tanto fastidio cosa succederà se queste lenti mensili le porto 40 giorni.
Ma ne vale la pena, quante avventure possiamo vivere noi, solo noi.
I casini iniziano subito, perché le lenti ci tengono a farti sapere fin dall'inizio con chi hai a che fare. La confezione originaria con chiusura in tipo alluminio dev'essere per forza antiscasso, che all'inizio tiri piano piano per non spargere ovunque la soluzione salina, però non riesci ad aprirla, allora tiri un po' più forte sempre più forte finché ti si apre di colpo e ciao ciao l'acqua ti finisce tutta addosso e la lente chissà dove.
Una volta ho messo un post it sullo specchio che diceva ho perso una lente NUOVA e l'ha ritrovata mia madre, appesa ad una piastrella del bagno due metri più in là.
Il senso di smarrimento quando prendi la scatolina con dentro le lenti e il tappo con scritto LEFT è a destra e quello con scritto RIGHT è a sinistra: avrò messo via le lenti guardando i tappi - e quindi a rovescio - oppure "giuste" cioè al contrario dei tappi? E allora provi a metterle, ti guardi allo specchio chiudendo prima un occhio e poi l'altro, provi a guardare in lontananza ma no, mi sa che così sono sbagliate perché vedo strano, le togli e le metti all'inverso e sempresempresempre ci vedi peggio e quindi era giusta la prima opzione.
Che poi, signori produttori di lenti a contatto, la vogliamo fare una scatolina ok bianca, ma con le scritte destra e sinistra in un colore a contrasto? Che io già ho perso mille diottrie, non ne voglio perdere altre per leggere il bianco su bianco. Come? Dovrei distinguere la destra dalla sinistra senza dover leggere il tappo? Seh, ciao.
E la soddisfazione profonda che ti coglie quando sei lì piegata in avanti che ti stropicci gli occhi per togliere le lenti con la scatolina aperta, togli tutte e due le lenti e contemporaneamente CANESTRO: finiscono entrambe nel loro buchetto e tu vorresti correre da chiunque per condividere la tua vittoria ma non puoi perché tanto nessuno capirebbe.
A volte ti prende un grande senso di sconforto perché una lente ti cade sulla mano e l'altra boh, dov'è finita? Sul tavolo non c'è, non è per terra né appesa da qualche parte e ti strizzi l'occhio di nuovo ma no, non ci vedi quindi non puoi averla ancora addosso e non la trovi da nessuna parte. Poi la mattina dopo ti svegli, senti un piccolo fastidio all'occhio ed eccola là, piegata in due sotto la palpebra in fondo in fondo, con te fin dal primo momento.
Siamo supereroi, noi che ci ficchiamo le dita negli occhi, avviciniamo oggetti appuntini e sgocciolanti senza problemi, alziamo le palpebre per controllare che non ci sia niente di strano e non abbiamo paura che la lente scivoli dietro la palla dell'occhio.
Un premio, io un premio lo voglio.

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