L’esordio di Valeria Golino alla regia è una dolce caramella per i vostri bruciori di gola … attenzione però il retrogusto è altamente amaro.
Il cinema è italiano è in forte crisi. Questa è una frase che si ripete spesso tra quelli che scrivono di cinema: non ci sono soldi, non ci sono idee, non si rivisitano più i generi; e anche quando si tratta di adattamenti di romanzi di successo il flop arriva solerte (vedi Educazione siberiana di Gabriele Salvatores).
Miele è un film italiano e non ha nulla a che vedere con i suoi parenti. La Golino affonda le mani in uno dei temi più difficili da affrontare nel nostro Paese. Prendendo il canovaccio dal romanzo di Mauro Covacich A nome tuo, una delle più affascinanti attrici internazionali di madre patria italiana – che io ricorderò sempre per le interpretazioni di Rain Man e di Fuga da Los Angeles – decide di passare dall’altro lato della scena per dirigere una pellicola carica di sensazioni ed emozioni, una vera sorpresa per il panorama cinematografico nostrano. Irene è una ragazza di trent’anni che ha deciso di aiutare le persone che soffrono: malati terminali che vogliono abbreviare l’agonia, persone le cui sofferenze intaccano la dignità di essere umano. Un giorno a richiedere il suo servizio è un settantenne in buona salute, che ritiene semplicemente di aver vissuto abbastanza. Questo incontro aprirà una voragine nelle convinzioni della ragazza e la coinvolgerà in un dialogo serrato lungo il quale la relazione tra i due sembrerà infittirsi di sottintesi e ambiguità affettive.
Miele è un ottimo film: la regia con carattere, la fotografia curata e affascinante, la colonna sonora d’impatto e le ottime interpretazioni potrebbero far gridare al miracolo. La protagonista, Jasmine Trinca, è perfettamente in parte: le sue movenze mascoline e il suo sguardo tagliente donano anima al personaggio di Irene\Miele. Anche nelle scene mute e quelle in cui si relaziona con il bravissimo Carlo Cecchi la Trinca non sfigura anzi, mostra tutta la sua maturità senza mai perdere di vista la credibilità del suo personaggio.Questo film, un’esordio (anche se esordio non è, visto che la Golino, anche se non da regista, ha lavorato su più di 60 set cinematografici), è davvero notevole.
I tagli d’inquadratura, i movimenti di macchina, i silenzi, le interpretazioni contenute, i dialoghi mai banali conferiscono a questa pellicola un respiro europeo che solo Sorrentino era riuscito a riportare in Italia. In più questo film parla di eutanasia senza scadere nel banale e nel ridondante. La Golino non prende posizione, anzi più che di eutanasia questa è la storia di persone comuni. Come ha affermato la regista cambiare idea è nella natura umana e non c’è niente di più efficace, soprattutto per accendere una riflessione di spessore, che riportare sul grande schermo una storia realistica. La Golino non vuole insegnare niente a nessuno, testuali parole della regista, ma di sicuro offre uno sguardo delicato, innovativo, su uno dei temi più dibattuti nel nostro paese. Questo è un film che non va perso ed è l’esempio di un cinema che non esiste più, quello della modestia: non servono tanti soldi per creare un buon film, ma sensibilità, umanità e umiltà. Una delicatezza che fa commuovere e calare precisamente nelle situazioni del film. Credo che Miele riesca perché racchiude in 96 minuti questi tre aggettivi.DISINFIAMMATORIO
Dr Dakota Block
Regia: Valeria Golino; Cast: Jasmine Trinca, Carlo Cecchi, Vinicio Marchioni; Paese: ITA – 2013