L'esordio dietro la m.d.p. di Valeria Golino ci offre un film anelante di trattare una tematica controversa e dibattuta come quella dell'eutanasia senza voler proporre soluzioni o scelte nette, regalando alla sua protagonista un'umanità che affiora sin dall'inizio, nonostante un'apparente durezza e severità date dai gesti e dal consumarsi fugace dei rapporti sociali ed umani intrecciati con le persone dalla stessa incontrate nel corso della sua attività.La Golino regista si dimostra attenta nel sapersi mantenere a distanza dal solito intimismo superficiale, senza per questo rinunciare a rivolgere il proprio sguardo ai sentimenti della sua eroina, figura femminile apparentemente forte a discapito del nome utilizzato per le sue prestazioni di carattere clinico, costretta a trattare la morte con distacco e con una professionalità, fatta di rituali schematici e precisi quasi asettici.Non è dato comprendere appieno le ragioni della protagonista nel compiere tali azioni al di là delle mere e apparenti ragioni economiche, in parte a causa di un sonoro non sempre chiaro, che limita alcune parti di dialogo, ma appare comunque apprezzabile la scelta dell'autrice di non voler fornire troppe giustificazioni ad un personaggio che grazie all'interpretazione di Jasmine Trinca ha una sua credibilità e un'umanità che nel corso del film si evolvono e non rimangono cristallizzate.Tolta qualche lieve ingenuità, il film della Golino stupisce positivamente perché non scade in scelte di regia e di sceneggiatura plateali, dimostrando un rigore ed un pudore nel trattare una tematica così ostile e ostica. Tematica che avrebbe potuto rovinare ogni buona intenzione della regista e divenire facile preda di soluzioni narrative facilmente criticabili anche da un punto di vista morale ed etico, ma alla fine quello che emerge è un ritratto femminile non del tutto scontato attraverso una scelta non facile e ancora tabù come quella dell'eutanasia.
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L'esordio dietro la m.d.p. di Valeria Golino ci offre un film anelante di trattare una tematica controversa e dibattuta come quella dell'eutanasia senza voler proporre soluzioni o scelte nette, regalando alla sua protagonista un'umanità che affiora sin dall'inizio, nonostante un'apparente durezza e severità date dai gesti e dal consumarsi fugace dei rapporti sociali ed umani intrecciati con le persone dalla stessa incontrate nel corso della sua attività.La Golino regista si dimostra attenta nel sapersi mantenere a distanza dal solito intimismo superficiale, senza per questo rinunciare a rivolgere il proprio sguardo ai sentimenti della sua eroina, figura femminile apparentemente forte a discapito del nome utilizzato per le sue prestazioni di carattere clinico, costretta a trattare la morte con distacco e con una professionalità, fatta di rituali schematici e precisi quasi asettici.Non è dato comprendere appieno le ragioni della protagonista nel compiere tali azioni al di là delle mere e apparenti ragioni economiche, in parte a causa di un sonoro non sempre chiaro, che limita alcune parti di dialogo, ma appare comunque apprezzabile la scelta dell'autrice di non voler fornire troppe giustificazioni ad un personaggio che grazie all'interpretazione di Jasmine Trinca ha una sua credibilità e un'umanità che nel corso del film si evolvono e non rimangono cristallizzate.Tolta qualche lieve ingenuità, il film della Golino stupisce positivamente perché non scade in scelte di regia e di sceneggiatura plateali, dimostrando un rigore ed un pudore nel trattare una tematica così ostile e ostica. Tematica che avrebbe potuto rovinare ogni buona intenzione della regista e divenire facile preda di soluzioni narrative facilmente criticabili anche da un punto di vista morale ed etico, ma alla fine quello che emerge è un ritratto femminile non del tutto scontato attraverso una scelta non facile e ancora tabù come quella dell'eutanasia.
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