Quella di Roccobarocco è stata decisamente la sfilata che mi è piaciuta di meno tra quelle cui ho assistito durante la mia fashion week.
Sulla mia cartellina stampa ho letto parole come: sdrammatizzato, sobrio, non urlato, essere e non avere, modernità, linee controllate. Sarà… ma a me francamente la collezione è parsa un’accozzaglia di capi trash e terribilmente anni ’80, lontanissima dal concetto di sobrietà e affatto innovativa. La creatività di uno stilista dovrebbe esprimersi attraverso un’evoluzione in grado di rinnovare i tratti distintivi del marchio senza stravolgerli, non nell’assoluta immobilità e ripetitività del proprio lavoro!
Ad ogni modo: la sfilata si è aperta all’insegna del patriottismo con un omaggio ai 150 anni dell’unità d’Italia, sulle note dell’inno di Mameli giacche verde bandiera, camicie in raso bianco e gonne in chiffon rosso.
Poi ancora colori decisi come il giallo, il fucsia, il viola.
Tanto pizzo, tessuti damascati, fuseaux, vernice, argento, chiffon, fiocchi, guanti borchiati, bustini, coppe rigide, passamanerie, pied de poule, catene, colli di volpe, gonne corte con lo strascico (una cosa che odio!) e collarini in pizzo ornati da pietre luccicanti.
Insomma potete immaginare come, per una come me che ama gli stilisti Belgi e il minimalismo di Marni, sia stata una vera e propria agonia!
Gli unici pezzi vagamente originali: le giacche marsine con coda allungata, i tacchi ornati da nastri di velluto e le suole stampate.