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Milano / Forum sulla Cooperazione / Una disamina che non convince

Creato il 01 ottobre 2012 da Marianna06

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E’ in corso da stamane per due giorni, a Milano, un Forum per la presentazione di un Patto Nazionale per la nuova cooperazione allo sviluppo.

E’ stato ideato dal ministro Andrea Riccardi, ministro per la Cooperazione internazionale e l’integrazione, con un impegno di lavoro  encomiabile della durata di tre mesi e la partecipazione delle istituzioni, dei sindacati e della società civile.

Quanto alla partecipazione della società civile, di cui riferiscono le note di agenzia, dico subito che non enfatizzerei la “cosa”,specie se si considera la  presenza al Forum di realtà come Banca Intesa, Microsoft ed Eni.

Chi di cooperazione se ne intende e ha fatto e/o fa volontariato internazionale “dal basso”, a prezzo magari di grossi sacrifici anche personali, come accade per piccole Ong, non ha niente a che spartire,ad esempio, con una Eni, che gira il mondo, Nigeria docet, per “succhiare” petrolio o far fuoriuscire gas dal sottosuolo a danno dell’ambiente e della salute delle popolazioni locali,vittime in primis dei loro governi,complici di questi colossi del mondo degli affari.

Ciliegina sulla torta, inoltre, la presenza al Forum di Blaise Compaoré, presidente del Burkina Faso, che definire dittatore sanguinario (a lui è imputato l’assassinio impunito di Tomas Sankara, il suo predecessore) è appena utilizzare un eufemismo.

Invece alcune Ong sono a Milano,  per presentare una richiesta di riforma della legge 49 sulla cooperazione, richiesta che giace nei cassetti inevasa da anni.

Il  problema autentico è per le Ong quello prevalente di cercare un raccordo  tra il ministero per la Cooperazione  e il dicastero degli Esteri, per poter ottenere quel poco di risorse rimaste a disposizione della Farnesina, allo scopo di completare quei progetti di solidarietà internazionale, alcuni dei quali sono addirittura rimasti sospesi proprio per mancanza di fondi.

E non si chiede certo la luna anche perché c’è un discorso che riguarda la persona e al contempo l’istituzione, che si è sporcata le mani e cioè la credibilità nei confronti delle popolazioni,dove ci si è recati ad operare.

Ben vengano allora, se non se ne può fare a meno,anche i finanziamenti del settore privato, in tempi di vacche magre, ma con il giusto discernimento prima di concedere calorosi “abbracci”.

E qui penso a Banca Intesa e alle sue modalità di fare cooperazione da una parte  e, dall’altra, favorire, con discrezione ma neanche troppa, le transazioni internazionali di denaro per la vendita di armi in giro  per il mondo.

Per quanto riguarda poi il Parlamento della nostra Italia, secondo un recentissimo Rapporto di Action Aid, le discussioni riguardanti la cooperazione internazionale allo sviluppo sono al 202° posto, dietro argomenti come “italiani all’estero” (e lì c’è la truffa dei voti per i nostri partiti politici) e “lotterie  e scommesse”, proposte quest’ultime, che ormai ci bombardano quotidianamente, dai media.

Per scongiurare nei fruitori dell’aiuto la dipendenza dai donatori è imprescindibile e fondamentale una revisione seria del “paradigma degli aiuti allo sviluppo” ma soprattutto, una volta ripreso in esame il problema del “debito storico” dei PVS, vigilare sull’elusione fiscale del settore privato transnazionale.

Questo può essere l’avvio di un discorso  serio e fruttuoso in relazione a quella che vorremmo fosse una cooperazione efficiente, che ha presente l’impegno fattivo di chi dona e la capacità di adeguata ricezione e gestione di chi riceve.

Anni addietro,  don Luigi Ciotti, nel corso di un meeting a Cuneo, proprio dinanzi ad una platea di volontari, ricordo che ci disse che  l’ideale sarebbe stato che i Paesi poveri, in un futuro  non troppo lontano, non avessero avuto mai più bisogno né di cooperazione, né di volontariato internazionale.

E il “don” non sbagliava affatto.

L’Africa e altre realtà similari, pure nella complessità   delle loro vicende politiche e sociali, stanno crescendo e continueranno a farlo e non hanno bisogno di tutela.

Semmai ambiscono con gli omologhi occidentali ad un confronto onesto e produttivo tra pari.

Com’è giusto che sia.

 

   Marianna Micheluzzi (Ukundimana)

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