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“Milano Games Week”, da fiera a supermarket

Creato il 30 ottobre 2014 da Rostislav @videogiochiword

C’è qualcosa di elettrizzante nel ritornare alla Games Week.
La fiera videoludica più importante del territorio nostrano non è certo scevra da aspettative. Memori delle ultime due passate edizioni, ricche ricchissime di anteprime e gustosissime presentazioni (un’ edizione addirittura avvenuta a cavallo del lancio della nuova generazione), anche quest’anno, senza alcun timore, il logo sventola orgoglioso come sempre e tutta Milano può finalmente colorarsi alla maniera permessa solo da eventi capeggiati dal popolo Nerd e il popolo Geek.

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Non ci vuole molto però a capire che, in questa edizione, qualcosa sembra essersi tristemente spezzato.
Anche solo accedendo al sito della fiera qualcosa non torna. La sezione dedicata alle news è scarna e quella che una volta era una tripartizione di eventi di ogni tipo disseminati con ordine cronologico per tutta la durata della fiera, di modo che qualunque visitatore riuscisse ad andare per tempo ove gli pareva, ora sembra totalmente svanita nel nulla. Ed entrando diciamo che le cose non sembrano affatto smentirsi; anzi si ha la totale sensazione di essere in un gigantesco supermarket all’ultima ora dei saldi, più che alla fiera d’esposizione leader del settore.
Pur non mancando la consueta presenza dei big, con postazioni perfettamente rintracciabili ed equamente suddivise, l’evidente overdose di clientela sembra una volta di più limitare eccessivamente le già scarne proposte ludiche di prova (o più che di prova, di prova d’attesa). File interminabili, postazioni video non giocabili (The Witcher 3) e uno stand Unieuro che, grazie alle sue folli offerte, sposta completamente l’attenzione e l’affluenza verso un centro che diventa più ingolfato di una tangenziale, creano una sorta di situazione di indigestione. E visto che l’ambiente è uno dei principali elementi di influenza contaminanti il test di un gioco, diciamo che non si è assolutamente in una situazione appropriata per godersi al pieno le capacità dei titoli ( se non grazie a Microsoft che ci prova, perlomeno, gestendo gli spazi in maniera decisamente più ordinata e rilasciando una stanza separata solo per le prove stampa).

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Oltre i vari Cod e Battlefield (e le solite solfe Assassincreediane) non sembrano esserci titoli  in grado di interessare gli utenti granchè (oltre quelli già presenti sul mercato), e anche questi, richiamano una folla oltremisura illogica per i pochi minuti di test concessi. Il mercato Indie, l’anno scorso in vero lustro, quest’anno è totalmente decentrato- quasi rintracciabile solo per caso. I prodotti presenti sono sicuramente interessanti, ma l’anno scorso la presenza per esempio dello stand di “The town of light” (quest’anno impegnato a riscuotere premi europei) era riuscito a rubare la scena addirittura alle major del settore, mentre ora l’abisso torna a separare con prepotenza questi due mondi (nonostante fossero presenti titoli di una certa caratura come “Lone Wolf”).

  

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Negozi per acquistare magliette, stand delle migliori testate televisive e giornalistiche con dirette e approfondimenti, mentre gli Youtuber e le gare di cosplay smorzano la noia che inevitabilmente si finisce per provare. Questa è la Games Week di quest’anno.
Tornei e quant’altro non mancano, ma l’assenza di giochi per cui attendere veramente una prova, e conferenze che ravvivino l’interesse del pubblico più maturo e smaliziato lenisce di molto la qualità di questo evento che, ci duole dirlo, sembra proprio essersi seduto su se stesso.
La nuova generazione stenta a decollare e in questa fiera sembrano essercene in mostra tutti i limiti.
Nata per sdoganare lentamente il videogioco tra le masse ora sembra esserne invece completamente travolta e assoggettata dalle stesse.

Non si riesce, onestamente parlando, a capire perchè si dovrebbe accorrere ad un evento del genere se non per stare immersi in un ambiente saturato dalle proprie passioni, ma che finisce per esaurire il tutto ad una pigiata di tasti veloce senza il minimo godimento, o il minimo approfondimento (per quanto criticato l’anno scorso Watch Dogs aveva uno stand con personale impiegato a spiegare tramite video tutti gli aspetti del gioco con grande professionalità).

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La Games Week è sempre stata un territorio fertile di iniziative, congressi e interessantissimi incontri con interviste a personaggi di spicco del settore (solo l’anno scorso Hideo Baba e alcuni importanti nomi del doppiaggio italiano davano un lustro decisamente incomparabile).

Ci rimane di buono la solita GameArt che con le sue esposizione riempie di contenuto la fiera (con ad esempio la presentazione del libro “Effetto di Massa” di Francesco Toniolo con cui abbiamo avuto il piacere di scambiare qualche chiacchiera) o la grandissima voglia e disponibilità del team Storm in a Teacup – che permette per la prima volta al grande pubblico la prova giocata di “Nero” (di cui vi proporremo l’intervista esclusiva a breve), e il buonissimo Sunset Overdrive – a giorni sugli scaffali- che lascia scappare più di un sorriso.
Il resto è una massa, un organo completamente a-pensante impegnato a mettersi in coda per provare un qualcosa di cui non rimarrà niente, se non una foto scattata per mero esibizionismo.

Speriamo che il prossimo anno si apprenda da questa gestione insana, limando gli orrori organizzativi e ripuntando il tutto su un format che mira sia a far giocare- quanto ad informare. Anche se visti gli incassi e i fatturati, è possibile che questa venga addirittura ricordata come la migliore Games Week di sempre.

E sarebbe allora l’inizio del baratro.

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