Se c’è una mostra che mi ha davvero entusiasmato, è stata proprio quella su Segantini.
Non aggiungo cenni biografici, in quanto si possono reperire facilmente su internet.
http://it.wikipedia.org/wiki/Giovanni_Segantini
http://www.comune.arco.tn.it/conoscere/Personaggi_storici/Giovanni_Segantini/Giovanni_Segantini.aspx
http://www.treccani.it/enciclopedia/giovanni-segantini
Per chi ha Facebook, c’è anche la pagina Mostra Segantini che riporta molte notizie interessanti oltre a dipinti e bozzetti.
All’ingresso della mostra, subito in evidenza un bellissimo busto bronzeo raffigurante il pittore, opera di Paolo Troubetzkoy, scultore di nobili origini russe – pur essendo nato a Verbania – artista della Scapigliatura milanese, amico del pittore. Segantini è ritratto in una posa assai spavalda, anche se intensa.
Segue la sala dove sono esposti alcuni suoi autoritratti, da quello giovanile senza barba a quelli in età più matura, come ormai è conosciuto da tutti. Molto particolare quello in cui l’autore sembra guardare direttamente lo spettatore, con un’aria quasi mefistofelica.
C’è quindi il secondo busto, questa volta in terracotta, opera di Emilio Quadrelli.
La sala seguente ospita le tele del periodo milanese di Segantini: ecco quindi il ritratto della Signora Torelli, moglie del fondatore del “Corriere della sera”, poi alcune giovani donne che passano sul ponte san Marco sul Naviglio ed il Coro della chiesa di Sant’Antonio Abate, dal chiaro taglio fotografico. Già da questi dipinti si denota la ricerca di rappresentare la luce, sia negli ambienti chiusi che in quelli aperti.
Nel frattempo il pittore, grazie all’amico Grubicy, si era avvicinato alle tecniche divisioniste francesi, in particolare a quelle di Millet. Da qui nasce forse il suo quadro più bello, “Ave Maria a trasbordo”. L’immagine fotografica non riesce a trasmettere la vera essenza dell’opera: la luce letteralmente “esplode” sullo sfondo, riflettendosi sulle acque calme del lago di Pusiano, appena increspate davanti alla barca, dalla quale si sporgono le pecore. Il quadro è stato ridipinto, in quanto la prima versione si era annerita a causa di una vernice inadatta. Sempre accanto al quadro, sono esposti alcuni bozzetti preparatori, in bianconero a tratteggio, cosa comune anche ad altri dipinti esposti alla mostra. L’Avemaria a trasbordo fu premiata con la medaglia d’oro all’Esposizione nazionale di Amsterdam. Il tema del dipinto è la circolarità: la forma rotonda del cielo, l’irradiarsi appunto dei raggi del sole, i cerchi del battello (simile alle “Lucie” del lago di Como), le piccole onde concentriche dell’acqua. C’è inoltre un richiamo biblico alla Sacra Famiglia. Madre e figlioletto accompagnati da un uomo più anziano con un gregge di pecore che paiono volersi abbeverare nelle acque del lago.
Tra le prime esperienze divisioniste di Segantini ci sono alcuni ritratti: quello di Claudio Rotta, fondatore dell’Ospedale Maggiore, l’effige di un uomo deceduto, impressionante per il suo realismo, ed infine quello intitolato “Petalo di rosa”, che ritrae la moglie del pittore, Bice Bugatti, con le gote arrossate dalla tubercolosi.
Seguono poi varie nature morte ed infine quelli dedicati all’Engadina, alla sua gente, ai pascoli, gli animali…un’esplosione di colore e di luce. Ed ecco quindi la “Raffigurazione della primavera”, le contadine che bevono alla fonte nel caratteristico costume dei Grigioni,
ed il celebre “Mezzogiorno sulle Alpi”, che raffigura Baba (Barbara Uffer), governante di Segantini – spesso raffigurata nei suoi quadri – con un cappello di paglia che la ripara dai raggi del sole mentre lo tiene fermo con una mano per evitare che il vento lo faccia volare via.
Poi contadini e contadine che riposano o lavorano, come nella “Raccolta dei bozzoli”, o intente alla cura dei figli, come nelle “Due madri” (ne esistono altre versioni, con una pecora o una capra al posto della vacca), animali al pascolo come nella celeberrima “Alla stanga”, un quadro dalle dimensioni davvero imponenti, cui è annesso il bozzetto preparatorio, o una “Vacca bagnata”.
Grande attenzione anche ai pastori di pecora: i due bozzetti quasi speculari del “Reddito del pastore”, il bozzetto (favoloso) di “Effetto di luna”, divenuto poi il dipinto “Dopo il temporale”.
C’è poi un quadro, “Ritorno dal bosco” al quale sono affezionata perché sull’antologia delle scuole medie illustrava un racconto di Selma Lagerlöf, che mi piaceva tantissimo (La vecchia Agneta).
Gli ultimi quadri sono anche davvero belli: il primo è “L’albero della vita”,un dipinto anch’esso dalle grandi proporzioni, ma con allegati altri piccoli dipinti dello stesso soggetto, poi c’è “La benedizione delle pecore”, ed anche qui la luce è protagonista, sia quella del giorno che sta per spuntare che quella, fievole, della lampada appoggiata sugli scalini accanto al prete: la pecora in primo piano si volta curiosa a guardare lo spettatore.
Infine “A messa prima”, con un sacerdote che si inerpica su una larga scalinata, voltandosi appena indietro.
È solo un piccolo assaggio di quanto è stato esposto, perché le opere in tutto erano oltre un centinaio…ma almeno così ricorderò le cose salienti.
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