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Millantato credito

Creato il 27 giugno 2015 da 19stefano55

Un breve racconto, amaro e purtroppo non troppo fantasioso.

Millantato credito

Ormai Giorgio era diventato una macchietta. Se avesse avuto un’età più giovane gli avrebbero costruito un fan club su Facebook, dal titolo “Millantato credito”, oh jes! Solo che non era un divertimento popolare tratto da spezzoni di film con ricordi del grande Totò mentre proferiva la celebre frase : “Lei non sa chi sono io?”. Ora era anche un fermo di polizia, una condanna, anche se modesta, qualche giorno di custodia. Erano sopratutto le parole cubitali che apparivano sui giornali locali che vivono di grida, di fatti e misfatti sempre obbligati ad amplificare per rendere la vita di paese….altisonante.

Sentivo le prediche del parroco sulla solidarietà,sulla comunità e Giorgio era un credente, forse un baciapile e sicuramente la sua bocca aveva più volte baciato l’anello vescovile, la statua della Vergine, la croce, piegandosi in due senza che il buon Dio fosse mai intervenuto neanche per mezzo di una strega ortopedica. Ma tant’è, Dio lascia fare a costo di prendersi anche qualche bestemmia.

Giorgio voleva fare il politico ma non si rendeva conto che non bastava più essere amico dei vecchi parlamentari, ormai ricordi solo dei vitalizi e interlocutori al massimo per gli ancora presenti “Renzi Tramaglino”, ignari di leggi, decreti e manifesti pubblici.

Certo come impiegato di un carrozzone socio-politico vedeva tante persone. Ben vestite, parlanti più del cibo per gatti e di toelettatura dei cani ma che riconducevano al denaro, al potere. Non era tanto per i soldi, in fin dei conti, viveva solo, non aveva il fascino se non per qualche donna che non badava tanto all’aspetto ma agli euri collegati a banali prestazioni diciamo professionali ma al dovere una obbligata deferenza, quale compenso dei 1000€ mensili percepiti, a quei nulla facenti del secondo piano.

Dottore tutto bene oggi? Come? Ordino alle nove un cappuccino, senza schiuma , certo, so bene i suoi gusti”. Dottore lui non lo era, ma leggeva tanti giornali che con abbonamenti pagati dalla collettività arrivavano sulle scrivanie e facevano ammucchiate (anche loro!) buone solo per le conclamate vendite dei quotidiani cosiddetti indipendenti. Un posto fisso, un luogo dove si lavoricchiava, con la tutela dei sindacati e tanti contatti.

Aveva tempo e poteva conoscere nomi, reti e a lui si doveva chiedere “dove posso trovare l’on.le Presidente, il direttore c’è oggi?, senta non potrebbe chiedere a…”.

Parole, frasi ormai noiose, ripetitive. Ma lui poteva orientare, far cambiare il clima di una giornata di un povero paesano che dopo alzatacce e 2-3 corriere era arrivato troppo tardi all’appuntamento o all’incontro preparato da una lunga filiera sociale.

Era comunque solidarietà, ma si doveva comunque impegnare, fare saluti e creare positive aspettative di espressi arabici. Un piccolo secondo lavoro , il vero lavoro, quello per cui il tempo semmai è poco, perché te lo gusti come un buon caffè senza zucchero o una sigaretta, in solitudine, senza pensare che al suo sapore forte e maledetto.

Era un uomo senza valore ma da due , tre anni non era più così. Molti dei laureati che lo scanzavano nel paese, lui rappresentava un modo strisciante di collateralismo politico, avevano perso il loro lavoro assicurativo, immobiliare, di consulente di fonti di investimento (sic!). Lui no, era ancora lì e sempre vi sarebbe stato, e i buongiorni oggi erano qualifiche pesanti.

Il momento era giunto. Ormai andare dal vescovo per qualche raccomandazione, con tutto quello che il nuovo Papa stava producendo all’insegna della sobrietà , quindi della discontinuità, era al più un viaggio per una buona confessione ma non per la soluzione. Lui poteva offrire speranza, colloqui vari, lui aveva il posto fisso e poteva far fesso. Millantato credito per mille euro messi in una busta, in un luogo quasi invisibile, con i cappuccini che li avrebbero pagati a lui, con la schiuma però, come si deve per chi ha il senso della degustazione, ok va bene anche in stazione. Ma l’appetito vien mangiando. Per la fortuna dei redattori locali.



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