“Mille parole” di Cesare Lorefice si aggiudica la prima posizione nella sezione B (libro di poesia) della Quarta Edizione del Concorso Letterario Nazionale “Oubliette 04” promossa dalla web magazine artistica Oubliette Magazine. Di seguito la critica letteraria redatta da Alessia Mocci. Buona lettura!
“Delle tue ferite antiche/ porto anch’io vivi i segni/ come il fanciullo di marmo/ emerso all’improvviso/ da foreste di agavi giganti./ Mulini a vento si forzano/ invano a togliere il sale/ ad avvolgenti bagliori/ di maree in fiamme./ Un tempo festosa di cori/ di fanciulli e di danze/ la sacra via dei templi/ ora gran morbo traduce/ nel ghigno sardonico/ di una maschera/ […]” – “Il fanciullo di Mozia”
La dedica al sommo Maestro Giacomo Giannone, la sensazione di compenetrazione tra l’Io e la sua imago, la malinconia del tempo trascorso che da festoso di cori diviene nascosto, mascherato. Una lirica che dialoga con la statua marmorea Giovanetto di Mozia, i versi ne vantano la bellezza e la leggerezza della veste, l’armonia di una civiltà antica che continua ad essere ricercata ed ammirata.
L’immedesimazione avviene spontaneamente, il giovanetto rappresenta l’ideale di uomo con le sue morbide fattezze ed il corpo scolpito magistralmente, rappresenta un’unione andata perduta durante i secoli nella quale l’essere umano viveva in rispettoso equilibro con la Natura. Una mancanza che ha portato l’oscuramento della civiltà e la forzata chiusura delle menti.
In “Mille parole” il mare diviene metafora del viaggio e l’autore, Io narrante, diviene un viaggiatore del tempo, un marinante che spende tutti i suoi sogni nel mare.
“Tra le onde altalenanti/ ho visto balenare/ mostri marini/ a ritta e a manca/ mordersi le code/ e generare gorghi/ orridi immani/ pronti a risucchiarti/ come giganteschi imbuti/ aprirsi e chiudersi/ allo stesso istante./ Quando all’inizio/ la sabbia della clessidra/ è colma e pare/ non scorrer mai/ figlio non spingerti/ dove non puoi!/ […]” – “Il marinante”
Protagonista è l’amore nelle sue svariate forme, l’Io saltella dall’amore verso il mare all’amore verso donne del suo passato, nomi che si rincorrono per tutta la silloge e che rimandano ad una condizione estetica del sentimento amoroso. Lo stesso principio verso il quale, in “Il fanciullo di Monza”, l’Io sia condannato ad amare fortemente la statua che rappresenta un’ideale amoroso antico. Così incontriamo Mariém, Elena, la Signora delle stelle, Annalisa, la Principessa Zlata (alla quale è dedicata l’intera silloge), la Venere di Milo, Marianne.
“Principessa Zlata ricordo/ le passeggiate interminate/ sotto le insegne variopinte/ dei palazzi liberty e rococò/ tra i turriti merli gotici/ di Mala Strana e Stare Mesto/ sul ponte con trenta giganti/ di bronzo lucido possenti! Nel fiume dove Praga si mira/ indorata di magie e d’alchimie/ come in uno specchio prodigioso/ per non tradire la sua regina/ Giovanni Nepomuceno/ si fece buttare giù ed affogare/ ma il suo cuore fu riportato/ da mille ali candide di cigni/ […]” – “Tre cuori indomiti”
Congratulazioni a Cesare Lorefice per l’ottimo risultato.
Videopoetry realizzata in collaborazione con Libera il Libro
Link diretto finalisti del Quarto Concorso Letterario Nazionale “Oubliette 04” QUI
Written by Alessia Mocci
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