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MiniRecensione> E trentuno con la Morte

Da Marquisdelaphoenix @MarquisPhoenix

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“E 31 con la morte” fa parte del ciclo di Giulio Leoni riservato ai grandi personaggi della storia, calati nel ruolo di investigatore.
All’inizio è toccato a Dante Alighieri ne i “Delitti della Medusa”, i “Delitti del Mosaico”, i “Delitti della Luce”.

Ora, nonostante l’immagine serigrafata sulla copertina del romanzo sia  quella di Gabriele D’Annunzio, le indagini sul nuovo inevitabile “delitto” toccano -a sorpresa- ad un legionario fiumano: il tenente Marni, stretto collaboratore del Vate  appunto, nel mantenimento dell’ordine a Fiume, città appena occupata da arditi, futuristi, irredentisti accorsi da ogni dove…
La roccaforte veneziana in Dalmazia, all’epoca, era al centro di grandi interessi: l’Italia ne aveva ceduto la sovranità agli slavi, la Francia voleva una piazzaforte adriatica per fare il suo ingresso nel Mediterraneo, l’Inghilterra -a cui nulla mancava in fatto di colonie- voleva tenere a bada i Francesi…
Come tutte le città di confine, era popolata quasi più di spie che di cittadini.

Chi spia non era, viveva in una realtà alienata: D’Annunzio sognava di rimescolare le carte dell’intera Jugoslavia post Asburgica ai fini italiani con una grande beffa, gli Arditi ed i giovani futuristi (come VivaFilippo) agognavano una corsa frenetica verso un futuro fatto di scintille, di distruzione-ricostruzione, di velocità.
Forti interessi, ancorché nascosti, sogni impossibili…
Avrebbe potuto non accadere nulla?
Impossibile! Proprio come il delitto che si verificò in una curiosa clinica psichiatrica del posto, alla presenza di grossi diplomatici, curiosi, intellettuali...matti.
Il controverso direttore della clinica, il Dottor Zoser, viene trovato carbonizzato su un lettino, nel suo studio. Chiuso dall’interno, come ne “La camera gialla” di Gaston Leroux.

La cassaforte, “sancta sanctorum” di questo Frankestein della Mente umana, è aperta: al suo interno,  strani fascicoli e preziosi contanti della Reggenza di Fiume…sono spariti.
Di chi la responsabilità, di chi la mente dietro un evento cosi incomprensibile?
L’S.I (soggetto incriminato) avrebbe potuto essere chiunque. Ed infatti, di tanto in tanto, i sospetti ricadevano su questo o su quel personaggio della storia.
Per individuarlo, non so quanto consciamente, ho seguito un ragionamento piuttosto logico.
Più titanico e diabolico è il delitto, più grandioso è il demone emozionale dietro il quale l’ATTO è stato commesso.
Quindi ho proceduto a scartare i “pesci piccoli” (Viva Filippo ed i suoi amici scalmanati, il mago Rastrelli presente alla clinica in quel mentre…). Persino D’Annunzio presentato allusivamente come un visionario -ancorché geniale- non era credibile nella parte dell’assassino, anche se il crimine appariva come il parto di una pregevole impostazione mentale.
No. “Capisci il delitto”, mi dicevo, “sentine a pelle la natura emotiva”.
E verrà fuori il ritratto di chi l’ha commesso.


Nel frattempo la lettura continuava. E rimanevo affascinato dalla figura di Viviana, un’austriaca ospite della clinica in un’ambigua veste di paziente/assistente/amante del Dottor Zoser.
Era intelligente, colta, assetata di emozioni. Capace di non rispettare le convenzioni se non fossero state di suo gusto: sovente vestiva come un motociclista (cioè in modo mascolino), ma era capace di passare ad una tenuta femminile irresistibile, anche al solo vederla o sfiorarla.
Al suo entrare in scena, una carica elettrica sconvolgeva tutto e tutti. La tensione aumentava e lei se ne rallegrava: sapeva sconvolgere l’ambiente in cui si trovava per riconfigurarlo a suo piacimento.
Era una burattinaia nata, inside, senza aver mai bisogno di strafare…
Ma in Lei c’era anche qualcosa di strano. Non solo nella sua situazione, nelle sue parole, nel suo guardarti.
Era la sottostruttura emotiva di quello che diceva. Quel suo ostentare “Si, sono un po’ pazza, altrimenti non mi troverei qui” era fatto con una certa rabbia interiore.
Fugace, come un temporale che si accenna appena in una sera di fine agosto.
E’ un attimo: illumina il cielo. Se non lo cogli, l’hai perso. Sei fregato.
L’avvisa

glia del pericolo c’è stata e tu non l’hai colta. Forse distratto dal magnetismo della Persona.
Non puoi obbiettarle nulla, comunque.
In Lei, la parte positiva presente ha cercato di avvertirti che potesse esservi un pericolo nello starle accanto. Anche per l’Amore che aveva iniziato a nutrire per te.
Ma è tardi.
Non hai colto l’avviso che Lei ti ha lanciato. Il suo “mettiti al riparo prima che la mia follia esploda”.
E’ tardi. Lei agisce: coglie la vendetta a cui un dolore insanabile l’aveva preparata da anni. Con meticolosità.
Il meccanismo ad orologeria ha fatto il suo tic-tac finale.

Non si può più bloccare.
E, come una bomba, questa Dea della Disperazione colpirà e scomparirà.
Dissolvendosi nel nulla e lasciando tanta pena.
Attorno a se (nel tenente Marni e nei carabinieri che la uccidono in un dramma finale) ed in te, lettore, che segretamente te n’eri innamorato.

Perchè tutti finiamo preda di un Amore...specie se è bello e disperatissimo...vero?

 

Marquis


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