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MiniRecensione> Fai bei sogni

Da Marquisdelaphoenix @MarquisPhoenix

 

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Di recente ho letto questo romanzo "Fai bei sogni" di Massimo Gramellini. La trama parla di un bambino che a 9 anni perde la madre per, cosi gli si dice, un cancro: era così indebolita che, dopo avergli rimboccato le coperte, muore per un infarto fulminante. Da lì iniziano i suoi problemi: inizia a parlare da solo e, chiuso nella sua camera, si fa delle telecronache in cui è lui lo sportivo osannato, specie da una misteriosa bionda in tribuna…quasi sicuramente un simulacro della madre. Questa sua mania gli tornerà utile perché da adulto, dopo un periodo di studi poco esaltanti, inizierà la carriera prima di cronista sportivo, poi di giornalista e scrittore. Di fantasia Massimo (cosi si chiama il protagonista della storia) ne aveva indubbiamente molta: le sue fantasie da sportivo famoso, l’idea che la madre non fosse morta davvero ma che prima o poi sarebbe tornata ne erano un segno inequivocabile e, perché no, anche una caratteristica positiva. Probabilmente Massimo avrebbe fatto a meno di essere “posseduto” da Belfagor, questo si. Chi era Belfagor? L’uomo nero, il mostro di cui tutti noi bambini abbiamo un po’ paura ma che, nel suo caso,  aveva una forza patologica rafforzata dal dolore per la perdita della madre: questa sua voce interiore gli impediva di socializzare con le persone,

specialmente di legarsi alle donne. Quando crebbe, infatti, Massimo continuava a pensare che mai nessuna donna sarebbe stato un buon sostituto della Madre e che se anche il miracolo si fosse avverato, comunque sarebbe stata una persona che sarebbe uscita dalla sua vita. Quindi…perché affezionarsi? Gli capitava di lasciare o farsi lasciare dalle sue conquiste con una facilità incredibile e senza strascico alcuno. Anche con sua moglie finì così. Senza dolore. Sino a quando non riallacciò i rapporti con la sua Madrina che gli rivelò la verità, una verità che forse lui già sapeva nel suo inconscio per averla raccontata nel suo primo romanzo: sua madre non era morta di cancro. Ne era sì stata affetta ma l’operazione era riuscita. La aspettavano cure difficili dall’esito incerto ma avrebbe potuto farcela. Avrebbe dovuto farcela visto che aveva un bimbo piccolo ma il suo terrore per il dolore era sempre stato al limite della follia così, presumendo che tutti le stessero mentendo, una notte va in camera di Massimo e gli augura “Fai bei sogni”…poi va nello studio del marito, apre il balcone, guarda la neve cadere e si lascia cadere a

nch’essa…La verità che Massimo ignorerà per quarant’anni sarà che sua madre non era stata l’eroina senza la cui presenza era cresciuto così disilluso ed un po’ malinconico, incapace di legarsi a chicchessia. Sua madre non aveva trovato in lui una forza sufficiente per sopravvivere. A suo modo era stata una codarda. Il vero eroe era stato suo padre, figura che lui aveva sempre sottovalutato: fingersi orso, scorbutico, allontanare suo figlio da tutti per coltivare il mito che sua madre l’avesse sempre voluto bene…creare una menzogna cosi ben sortita a fin di bene…soffrire in silenzio…si…ciò aveva fatto di lui un eroe silenzioso…sino al momento della sua morte. Ma Massimo no…non era cresciuto poi così bene…si…il mondo che si era creato l’aveva un po’ protetto, gli aveva donato quella fantasia che gli aveva consentito di sopravvivere e vivere ma lui si era sempre negato la verità dei fatti perché non era mai stato pronto ad accettarla, cosi gli dice anche Elisa, la sua nuova ma vera anima gemella. Negandosi la realtà dei fatti, ricacciandola nell’inconscio, solo intuendola nei sogni e nei suoi scritti, Massimo era vissuto come un guerriero continuamente sull’orlo di un precipizio. Senza mai caderci, senza mai guardarci dentro. Sempre continuamente armato, all’erta, entro un’armatura pesantissima che gli impediva anche solo di stringere la mano a chicchessia. Con la scoperta della verità, con il sostegno della Madrina e della sua Elisa, Massimo abbraccerà quella parte di sé che negava, introietterà consciamente quel veleno che, di nascosto, gli avvelenava l’anima e ne svilupperà gli anticorpi riuscendo a smaterializzare il suo Demone interiore.

Perché molto spesso  i nostri demoni interiori si basano su ciò che non vogliamo vedere o conoscere. E perché è solo guardandoli in faccia, anche se a prezzo di una dura presa di coscienza, che si riesce davvero a far pace con sé stessi ed a andare avanti. A crescere. Io sto cercando di farlo, anche da prima che leggessi questo romanzo, e spero di riuscirci. E’ lo stesso augurio che faccio a voi…

 

Marquis


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