“I centri pubblici di Pma chiedono di essere messi al pari dei privati e per questo la fecondazione eterologa sarà inserita nei Livelli essenziali di assistenza (Lea), in sede di prossimo aggiornamento. Nelle more di questo aggiornamento occorre vincolare una quota di Fondo sanitario nazionale per l’accesso a questa tecnica nei centri pubblici”. Lo ha detto il ministro della Salute, Beatrice Lorenzin, nel corso di un’audizione alla commissione Affari sociali e sanità della Camera, convocata per presentare le conclusioni alle quali è giunto il tavolo tecnico convocato dal ministro e per annunciare i contenuti del suddetto decreto legge.
Il ministro della Salute, Beatrice Lorenzin (nuovocentrodestra.it)
I centri di Procreazione Medicalmente Assistita e i Livelli essenziali di assistenza. Sul sito del Ministero della Salute si legge che i Lea sono costituiti dall’insieme delle attività, dei servizi e delle prestazioni che il Servizio sanitario nazionale (Ssn) eroga a tutti i cittadini gratuitamente o con il pagamento di un ticket, indipendentemente dal reddito e dal luogo di residenza. Proprio per questa ragione i Pma chiedono di essere messi sullo stesso piano dei privati ed in questo modo la fecondazione eterologa sarà inserita nei Livelli essenziali di assistenza. ”Le direzioni competenti del ministero della Salute – spiega Beatrice Lorenzin – hanno già lavorato alle indicazioni provenienti dal tavolo degli esperti per tradurle in contenuti di norme, di concerto con l’ufficio legislativo: l’obiettivo è così quello di mettere regioni e centri PMA in condizioni di partire subito con l’eterologa, appena approvato il decreto legge che ho intenzione di proporre in uno dei prossimi Consigli dei ministri, prima della pausa estiva”.
I limiti d’età e la “doppia” fecondazione. “Il limite massimo di età delle donatrici donne – ha proseguito Lorenzin, illustrando il contenuto del decreto che sarà presentato “in uno dei prossimi Consigli dei ministri prima della pausa estiva” - sarà di 20-35 anni e per gli uomini 18-40 anni, per la differenza di sviluppo degli organi sessuali nei diversi sessi”. Il ministro ha anche reso noto che sarà consentita la “doppia” fecondazione eterologa, quindi anche nel caso in cui entrambi i componenti della coppia siano sterili. ”Il numero massimo di figli – ha aggiunto – per ogni donatore sarà 10, con una deroga per chi chiede un altro figlio dallo stesso donatore”.
L’accesso ai dati medici del donatore. “L’accesso ai dati clinici del donatore o al donatore stesso”, ha precisato ancora il ministro, avverrà invece solo “per comprovati problemi di salute del nato, su richiesta di una struttura del Ssn”. Nessuna donazione tra i consanguinei: Lorenzin ha anche chiarito che “vanno evitate donazioni involontarie fra consanguinei, individuando un modo per incrociare i dati fra Registro nazionale e centri Pma per evitare che il ricevente sia consanguineo del donatore. Va impostata una modalità “in automatico”, perché l’eventuale riconoscimento sia effettuato dal sistema e non dai singoli operatori”.
Per quanto riguarda il “diritto alla conoscenza delle proprie origini”, Lorenzin ha invitato a “una riflessione in modo laico”. “Sapere di essere nati da eterologa a prescindere dal donatore – ha sottolineato – serve non solo per un ‘diritto alla verità’ sulla propria nascita, ma anche per questioni di carattere sanitario, per l’anamnesi a cui tutti sono sottoposti nella vita o nel caso di necessità di trapianto da persone compatibili. Inoltre, con il diffondersi di test genetici ci sarà sempre più possibilità di sapere di non essere stati generati” dai propri genitori. “Vista la delicatezza e l’importanza di questo particolare aspetto – ha osservato il ministro – e considerato che la stessa sentenza 162/2014 della Consulta dà indicazioni sia nella direzione dell’anonimato del donatore, sia nel senso del diritto a conoscere le proprie origini, citando la normativa sull’adozione, ritengo che questo tema debba essere oggetto di un’ampia discussione parlamentare”.
La Toscana, capofila per il servizio, e l’apertura per tutte le altre regioni. Il ministro della Salute ha tenuto a chiarire, infine, di non aver “intenzione di fare il decreto ma ho visto l’accelerazione che c’è stata, con alcuni centri che hanno iniziato l’eterologa e la regione Toscana che ha fatto linee guida, e ho pensato fosse necessario vista anche la necessità di fare chiarezza su alcuni aspetti che non sono disciplinati dalla legge 40″. Lorenzin ha ricordato inoltre di come il bisogno di un atto normativo emerga anche per garantire a tutti i cittadini italiani lo stesso diritto ad accedere all’eterologa in qualunque regioni vivano. “Si tratta di profili solo giuridici, non di questioni etiche – ha precisato – penso quindi a un decreto scarno che ci consenta, con un accordo di buon senso, di fare l’eterologa perchè questo prevede la sentenza della Consulta, dando elementi di omogeneità in tutte le regioni – ha concluso – ed evitando così ricorsi”.