The Mind Is A Terrible Thing To Taste prosegue virtualmente il discorso avviato nel precedente The Land of Rape and Honey, e lo declina in un senso che, da ora in poi, diventerà sempre più parente con il mondo del metal, giocando di volta in volta ad anticipare sonorità, idee e sperimentazioni per cui anche il celebre “collega” Marylin Manson, negli anni, passerà. Un binomio, quello tra industrial e metal, che a partire da questo album diventa piuttosto lampante, a cominciare dalla capacità di Al Yourgensen di testare più generi (industrial, elettronica, hardcore, metal e, neanche a dirlo, il cantato simil-rap di “Test“, uno dei brani ingiustamente meno noti del CD). Quello che è certo è che le tracce melodiche dei dischi precedenti dei Ministry hanno qui ceduto il passo ad un approccio definitivamente più aggressivo, concreto e tritatutto.
The Mind Is a Terrible Thing to Taste è il quarto album dei Ministry, uscito nel 1989 per la Sire/Warner Bros. Records, ed è un album guidato da un approccio più hardcore, misurabile sull’approccio a riff di chitarrasempre più presenti nel sound, oltre che perennemente violenti: le tematiche del disco spaziano dalla corruzione della classe politica (il riff tagliente di “Thieves“), la violenza sociale (l’ossessiva “So What”, virtuale zenith di svolta tra le vecchie sonorità – il basso introduttivo – ed il nuovo approccio – la chitarra che esaspera le atmosfere), l’ambientalismo (la soffertissima “Breathe“), la follia (“Cannibal Song“, quasi a prova del fatto che “la mente è qualcosa di terribile da assaggiare“) e naturalmente gli effetti delle droghe (“Burning Inside“). Un disco perfetto nel suo genere, soprattutto decisamente equilibrato nelle scelte musicali e senza una sola caduta di stile: probabilmente uno dei migliori lavori in assoluto della band di Al Jourgensen.
I sample del disco, marchio di fabbrica della band da sempre, sono tratti da suoni, temi musicali e dialoghi dei film Full Metal Jacket, La cosa, Il signore del male, Scarface, 1984 e Fahreneit 451.