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Minotauri in cravatta: The Conspiracy (2013)

Creato il 13 dicembre 2013 da Silente
Minotauri in cravatta: The Conspiracy (2013)Canada, 84 minutiRegia:  Christopher MacBrideSceneggiatura: Christopher MacBride
Se c’è una cosa per cui bisognerebbe salvare un genere come il mockumentary è sicuramente la capacità di innescare tensione e inquietudine: certo, parliamo di un’ansia meccanica, di una paura costruita a tavolino con un espediente replicato senza riserve (la camera immobile che fissa un punto in cui sai che prima o poi succederà qualcosa) in titoli spesso simili e che si rincorrono l’un l’altro per far breccia nel grande pubblico, ma è qualcosa che, se ben fatto, costruito con attenzione all’interno di un’atmosfera generale sapientemente gestita, fa sempre effetto (leggi: mi fa cagare in mano). Chiaro che intelligenza e capacità di scrittura sono elementi necessari alla completezza del quadro, non basta soltanto inquadrare il niente ed esplodere in apparizioni soprannaturali per centrare l’obiettivo (e film orribili come Apollo 18, Chernobyl Diares, Grave Encounters o P.O.V sono lì per dimostrarlo), saper coltivare l’orrore, farlo crescere, espandere il mistero con una narrazione centellinata che sa dove vuole arrivare sono tasselli fondamentali per la riuscita di film che, al giorno d’oggi, hanno ormai perso qualsiasi credibilità e che raramente riescono ancora a dire qualcosa (Noroi, il bellissimo Lake Mungo, Europa Report), mentre chi il genere l’ha in qualche maniera plasmato preferisce allontanarsene e sfruttarne soltanto certe tecniche con ottimi, ottimi risultati (Eduardo Sanchez con il disturbante Lovely Molly).
Per presentarsi quindi nel 2013 con un mockumentary che la spara grosse su certe cospirazioni mondiali e svariate teorie complottistiche, bisogna avere due palle quadrate per mettere su una struttura impeccabile e innescare quel terrore puro di fronte a misteri che si perdono nella mitologia antica, cose che invece Christopher MacBride di certo non possiede, non tanto per la capacità di mettere insieme una storia dal notevole potenziale, costruita linearmente con un’interessante successione di fatti e una parte conclusiva di grande fascino, ma per l’inconsistenza narrativa che dovrebbe tenere in piedi tutto quanto e che sfortunatamente lo fa crollare ancora prima che il secondo finale ci metta una definitiva e squallida pietra sopra. Il documentario girato dai due registi interessati a svelare i misteri dietro un colossale e antichissimo club dove sembrano essere iscritti i più potenti del mondo non riesce infatti a graffiare come dovrebbe, nonostante ci siano molti spunti e momenti di riuscito nervosismo: le ricerche svolte per ottenere informazioni sono troppo blande per essere credibili, e la facilità con cui collegano avvenimenti e misteri mina il realismo inscenato del film. MacBride avanza troppo velocemente e senza alcuna profondità, mettendo insieme una lista di cose (ritagli di giornali, persone intervistate, l’introduzione della mitologia) che si succedono l’una all’altra senza che si avverta mai la potenza degli argomenti trattati e soprattutto delle informazioni che a poco a poco vengono svelate. Tutto viene messo su un piano liscio, senza difficoltà, senza problemi, due registi sconosciuti in poco tempo trovano tutto quello di cui hanno bisogno senza quasi far fatica, e davvero a poco serve giustificare la presenza di un certo personaggio o mettere alle loro calcagna il solito SUV nero che li osserva.
Non che vengano a mancare certe sequenza di piacevole fascino orrorifico (l’introdursi furtivamente alla festa, quando ancora non si sa cosa potrebbe succedere, il lungo rito d’iniziazione), ma è tutta poca, pochissima cosa, perché trattata in maniera troppo superficiale, priva dell’atmosfera adeguata per plasmare veramente l’orrore provato dai due, quasi MacBride stesse seguendo il manaule del mockumentary per principianti. Eppure The Conspiracy avrebbe potuto ritagliarsi un piccolo, sicuramente inutile, ma perlomeno dignitoso posticino se la conclusione non avesse voluto riportarlo comunque a una quieta realtà, cosa che distrugge ogni tentativo claustrofobico e chi livella ogni cosa su un piano puramente didattico di cui il cinema, in generale, non ha di certo bisogno.

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