Bravissime Pennetta e Vinci; congratulazioni alla vincitrice, onore alla sconfitta e siamo tutti contenti che ci sia stata una finale tutta italiana agli Us Open.
Semplice no? Non ci vuole un premio Nobel per manifestare un sano e “disinteressato” orgoglio nazionale per un bell’evento sportivo che non necessita di altri significati se non quelli che già in sé e per sé offre.
Ma si sa, tutto questo nel circondario non basta; è già tanto ma non siamo soddisfatti. A noi piace strafare. E allora giù di retorica nazional-populista che snatura anche un po’ il puro e “pulito” significato sportivo.
Non siamo nuovi a ipocrisie del genere: è dai tempi delle vittorie dei mondiali del ventennio che noi vestiamo di propaganda tutti i nostri primati sportivi, un atteggiamento sciovinista che col tempo è diventato trasversale; come non dimenticare anche l’eroica impresa di Bartali al tour de France che ci risparmiò una rivoluzione dopo l’attentato a Togliatti? E la più recente vittoria ai mondiali del 2006? L’impresa che fece passare in secondo piano le inchieste che rivelarono un calcio corrotto e oramai falsato da interessi milionari?
Insomma i campioni ci servono. Loro sono il glorioso tappeto sotto il quale ci possiamo mettere di tutto e il pretesto perfetto per immedesimarci senza far troppa fatica con i vincenti: loro ci mettono la faccia e l’impegno, ma, chissà come mai, quando alzano coppe e indossano medaglie, ai loro piedi si fa una calca di sciacalli pronti a nutrirsi in ogni modo dei loro risultati. Loro si allenano faticosamente e fanno sacrifici ma i frutti di quei sacrifici ce li dobbiamo spartire un po’ tutti.
La Pennetta è un nome noto, da tempo giocava a grandi livelli, ma della Vinci si sapeva poco e si nutrivano poche speranze per lei nella semifinale con la Williams. Però Roberta riesce nell’impresa, non nel miracolo sia chiaro … l’impresa, perché Roberta Vinci la prima al mondo l’ha sconfitta in casa e con tutti i crismi. Brava e tenace; e così … di botto questa ragazza diventa un’eroina nazionale.
La finale degli Open diventa inaspettatamente tutta italiana e nei patri confini diventiamo tutti tennisti!
Anche per Renzi germoglia d’improvviso l’amore per la racchetta (quello per le palle era già radicato) e mosso dall’insana passione lascia tutto per volare in America.
L’occasione è ghiotta: una finale tutta italiana significa propaganda populista di bassa lega ma sempre efficace (la migliore dalle nostre parti); un incontro al femminile poi, tutte quote rosa da sfruttare. Certo, poteva mandarci la Boschi, ma l’inglese lo parla meglio lui! Poi la ciliegina sulla torta: le finaliste sono entrambe pugliesi … perfetto! Per il suo cervello devastato da “Pomeriggio Cinque” trattasi dunque di due schiave del caporalato del tennis che salgono sul tetto del mondo e conquistano l’America.
Come poteva il nostro imbonitore populista lasciarsi scappare l’occasione? Impossibile.
Non ci pensa due volte dunque: diserta la Fiera del Levante, dove sicuramente sindaci e cittadini lo avrebbero subissato di contestazioni, e vola negli Usa. In una finale italiana solo l’Italia può vincere, che figata! Una botta di culo così – propagandisticamente parlando s’ intende – quando ricapita?
Ora la domanda è: “se la finale fosse stata Pennetta-Williams avremmo visto Matteo Renzi sugli spalti degli U.S. Open prima a strafarsi e poi andare in overdose di vanagloria grazie al talento, all’impegno e alla fatica altrui? Non si sa … io la mano sul fuoco non ce la metterei, ma ora a “giochi fatti” chi lo può dire?
Certo è che al presidentucolo piace vincere facile. Anzi non ha bisogno neanche di giocare e riesce comunque a fare un bagno di prestigio per procura. Che bella vita la sua.
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fonte foto Roma