Elf è sempre stata la più bella. Ha stile, idee geniali, ti fa morir dal ridere; le capitali del mondo la ricoprono allegramente di dollari per farle suonare il pianoforte e gli uomini si innamorano perdutamente di lei. Yoli è la sorella squinternata. Ha messo al mondo figli con padri diversi, ha un amante avvocato, se si rompe la macchina fa sesso con il meccanico, ha il conto sempre in rosso e una carriera mancata. E cos’è adesso questa storia che Elf vuole morire? Proprio in questo momento, poi, a due settimane da un’importantissima tournée. “Elfie, ma ti rendi conto di quanto mi mancheresti?” Quali sono le cose giuste da dire per salvare una vita?
Si tratta dell’inizio della quarta di copertina di I miei piccoli dispiaceri di Miriam Toews. La riprendo perché sintetizza il cuore del libro meglio di come potrei fare io. Elf ha tutto, un marito scienziato che l’adora, una carriera straordinaria, il mondo ai suoi piedi. Ma a volte avere tutto non basta, e quando dentro si formano vuoti troppo grandi è difficile riempirli.
Dopo Nao, una delle protagoniste di Una storia per l’essere tempo di Ruth Ozeki, questo è il secondo libro di una scrittrice canadese che leggo in cui un personaggio importante medita il suicidio. E, ora che ci penso, anche il padre – di Elf, di Nao – medita il suicidio. Com’è quel detto indiano? Non giudicare una persona se prima non hai camminato per una settimana nei suoi mocassini?
Più o meno, e gli indiani non sono gli unici ad avere un detto di questo tipo. Per capire il desiderio di suicidio della famosa pianista, così come della ragazzina giapponese, bisogna leggere le loro storie. Ma non sempre si riesce a capire, o a fare qualcosa.
La Toews si concentra su Yoli, la sorella incasinata, che non sa bene cosa dire o cosa fare, che vorrebbe che la sorella vivesse ma che riflette seriamente sul suo desiderio di suicidio, e che cerca di districarsi in una famiglia complicata in mezzo a piccoli e grandi intoppi che si parano sul suo cammino.
Quando avevo letto Stoner di John Williams non ne ero rimasta soddisfatta. Scritto bene, certo, ma lo avevo trovato deprimente. La vita sarà anche così come la narra Williams, ma non vedo perché io dovrei perdere il mio tempo di fronte a quella forza inesorabile del tempo che pialla tutto e annulla Stoner nella sua vita piatta. Anche la Toews presenta le difficoltà della vita, il loro passo inesorabile, ma Yoli ha una forza che a Stoner manca, e infatti questo libro mi è piaciuto molto di più. La vita, con i suoi casini, le situazioni in cui nemmeno volendo si può porre rimedio, i dubbi, il senso d’impotenza ma allo stesso tempo il volersi ribellare a questo senso d’impotenza anche se non si sa come. Magari accettando di fare qualcosa che non si vorrebbe fare, ma abbracciandola consapevolmente. Magari ribellandosi con gesti inutili, ma che comunque sono una ribellione.
Quali sono le cose giuste per salvare una vita? Yoli non lo sa, e questo è il suo tentativo di scoprirlo. Non credo che leggerò altri romanzi della Toews, io ho bisogno di orizzonti più vasti, ma questo libro è scritto davvero bene e parla di cose importanti.