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Miseria, nobiltà e decoro urbano (parte 5)

Creato il 13 maggio 2012 da Davide

Abbiamo visto come, secondo Urry, i turisti visitano luoghi che hanno già visitato attraverso il linguaggio. Ma quale linguaggio? Innanzitutto il linguaggio visivo, gli innumerevoli calendari, cartoline, poster, spot pubblicitari (ricordo quello fortunatissimo del Cornetto Algida sullo sfondo del Canal Grande negli anni 1980), i milioni di immagini che bombardano una persona durante la vita quotidiana. Hollywood fa la sua parte: hanno fatto di più il Gladiatore Russell Crowe per il Colosseo e il Turista Johnny Depp per Venezia, solo per citare film recenti, di milioni spesi in pubblicità dal Ministero del Turismo.

Ricordo che Massimo Cacciari, all’epoca sindaco, rifiutò con sdegno il gemellaggio con Las Vegas che aveva appena inaugurato il casinò Venice in cui si pongono insieme nello stesso spazio Piazza San Marco con il campanile, il Palazzo Ducale e il Ponte di Rialto, visitabili tramite una gita in gondola su un Canal Grande artificiale. A comoda distanza sulla strip si possono vedere le bellezze archeologiche di Roma al Ceasar’s casino, oltre ovviamente alla Tour Eiffel al Paris. Anni dopo lo stesso Cacciari, che aveva anche tentato, fallendo, di porre Venezia sotto copyright, riconobbe onestamente in un’intervista sul TG RAI del Veneto, che il Casinò Venice di Las Vegas era stata una propaganda incredibile per la Venezia originale, specialmente per i turisti asiatici, cinesi in testa, che avevano cominciato ad avere una ‘leisure class’, per dirla alla MacCannell, in grado di accedere al turismo di massa all’estero. I cinesi, peraltro, per non farsi mancare nulla, oltre a visitare le mete più famose del mondo, le riproducono a casa propria per quelli che ancora non possono permettersi di andare all’estero, ma che vorrebbero farlo. La Shenzhen Window of the World è un parco tematico di repliche tra cui spiccano il Colosseo in miniatura dove si può vedere una scena sanguinosa, e dove si può fare una gita in gondola lungo i canali di Venezia. E’ l’effetto della cosiddetta ‘aura’.
Il concetto di aura è esplorato da MacCannell nel suo The Tourist, in contrapposizione a quello di Walter Benjamin. In una nota del saggio ‘L’opera d’arte nell’età della riproduzione meccanica’ (1936), Benjamin sosteneva che l’arte, per via della sua collocazione in passato all’interno del rituale religioso, aveva acquisito una specie di ‘aura’ che dava ai suoi prodotti uno status unico. L’autonomia o l’autorità delle opere d’arte originali deriva dalla loro non riproducibilità, tranne i falsi naturalmente, il che dona loro un’aura magica, un’aureola o alone carismatici, che circonda l’opera d’arte autentica rendendola simile a una reliquia santa. Questa aura è eliminata, secondo Benjamin, dalla riproduzione di massa. L’aura rende l’oggetto artistico distante dalla gente ordinaria soprattutto a causa del suo ambiente fisico, cioè la sua collocazione in edifici delle classi dirigenti come i musei. Secondo Benjamin le masse contemporanee desiderano rendere le cose più vicine spazialmente e umanamente e la riproduzione meccanica rende gli oggetti più vicini per via della loro somiglianza, della loro riproduzione. In questo modo la tecnica della riproduzione distacca l’oggetto artistico riprodotto dalla tradizione delle elite e lo avvicina alle masse. L’invenzione della fotografia facilitò una crisi dell’arte che tentò di reagire alla perdita dell’aura rifugiandosi nell’estetismo; l’aura, secondo Benjamin, sparisce quando l’arte è riprodotta molte volte ed è distribuita più ampiamente, sostituendo il valore rituale dell’arte con quello della sua esibizione.
Ciò che MacCannell contesta è proprio il fatto che la riproduzione faccia sparire l’aura. MacCannell elabora in certo modo la teoria di Baudrillard di un regime storico di simulazione in cui la differenza tra originale e copia scompare, ma allo stesso tempo conserva il suo impegno verso le categorie dell’autentico e del reale, postulate nostalgicamente come domini perduti dell’esperienza. In ogni caso, secondo MacCannell, lungi dal far sparire l’aura, la riproduzione meccanica la crea. Il souvenir-trofeo, cioè la riproduzione dei ‘sacri oggetti’, rappresentati dalle mete turistiche famose e dai loro ‘segni’ distintivi, con la creazione di stampe, cartoline, modelli o effigi che sono essi stessi valutati e messi in mostra, sono la fase di sacralizzazione che mette in moto il pellegrinaggio turistico per trovare l’oggetto vero. Un Colosseo o una gondola di plastica mostrata agli amici al ritorno dalle vacanze, le foto postate sui social network agli amici, Johnny Depp che saltella lungo i tetti di Venezia, il viaggio con bacio al Balcone di Giulietta e videoclip su YouTube, creano quell’aura sacrale che spinge in viaggio masse di turisti a toccare, letteralmente, con mano l’oggetto autentico. Urry sostiene che lo sguardo turistico (tourist gaze) si dirige verso aspetti del paesaggio urbano e rurale che maggiormente lo separano dall’esperienza quotidiana, aspetti che sono visti in qualche modo come fuori dall’ordinario. Ma il concetto di aura che abbiamo appena visto mina l’opinione di Urry sulla straordinarietà dell’oggetto dello sguardo turistico, perché esso è in un certo senso sia sacralizzato (e quindi reso straordinario), sia reso più vicino all’esperienza delle masse tramite il processo di riproduzione meccanica e della manipolazione del linguaggio che lo rendono rassicurante e profano.
Ora la domanda è: il Colosseo è un oggetto d’arte? Tornando alla notizia iniziale (parte 1), la guerra che il sindaco Alemanno e la Sovrintendenza alle Belle Arti fanno ai ‘centurioni’ fa capire che queste vestali del Decoro Urbano non vogliono che il monumento venga svilito da personaggi mascherati caciaroni e un po’ loschi. In realtà il Colosseo non era un ‘monumento’ quando fu costruito come Anfiteatro Flavio: era un edificio che doveva sia celebrare la gloria e il potere imperiale della casa Flavia che ospitare il popolaccio con divertimenti grossolani e spettacolari. Le gare di poesia non si tenevano al Colosseo. Da un certo punto di vista era l’equivalente dello stadio, dove nessuno si sogna di cacciare i tifosi che si travestono con i colori e gli orpelli delle squadre del cuore, perché lo stadio è un monumento artistico. Il Colosseo è diventato un monumento artistico tramite un processo che riguarda lo sviluppo dell’apprezzamento dei siti e manufatti archeologici in epoca moderna. Non è qui la sede di elaborare questo punto.
Vale però la pena di citare un’informazione sul progetto Romaland accarezzato dal sindaco di Roma. Già esiste, infatti, una Romaland a Piazza Armerina, Sicilia,  a circa 150 metri dalla Villa Romana del Casale (autentica). Ma i romani ‘autentici’ vogliono anche loro Roma Antica in versione Eurodisney. Secondo il Campidoglio sarebbe la via migliore per rilanciare il turismo nella Capitale, sceso ultimamente del 5 per cento nelle presenze.  Il Parco, secondo il suo ideatore nonché vicesindaco Mario Cutrufo, dovrebbe attrarre ogni anno 8 milioni di visitatori. “Un progetto ludico – dice Alemanno – ma costruito con rigore storico. Il visitatore potrà ritrovarsi fra il pubblico del Colosseo, vincere una corsa di bighe al Circo Massimo, visitare i Fori imperiali o inoltrarsi nei quartieri popolari della Suburra o del Porto di Ostia”. La collocazione della struttura potrebbe essere nella zona nord ovest, pochi km fuori del raccordo anulare. Ad accogliere i visitatori nei 5 alberghi previsti, i classici gladiatori con armature. Dopo una certa tiepidezza, secondo Repubblica Sarà lo sceicco del Qatar Hamad Bin Khalifa Al Thani ad investire una parte delle risorse del fondo sovrano per realizzare il parco a tema sulla romanità caro ad Alemanno. C’è però un problemino: numeri emersi dall’indagine commissionata tempo fa dal Comune a nove società di ricerca (dalla Doxa alla Demoskopea) in otto paesi: dalla Francia alla Russia, dagli Stati Uniti al Giappone. Su 4649 intervistati, il 34% ha giudicato «molto interessante» il parco, il 38% «abbastanza interessante». Una reazione positiva, ma non entusiastica. In sostanza, i turisti preferirebbero farsi fotografare con i ‘centurioni’ davanti al vero Colosseo, che davanti a quello finto sul raccordo anulare. Come dargli torto? Per farsi fotografare davanti a quello finto possono andare in parchi a tema a casa loro.
Seguendo Bourdieu, vi sono tre modalità distinte di fruizione dei musei, correlate alla classe sociale: i visitatori della classe alta visitano il museo da soli o accompagnati da un amico competente, evitano la folla e le visite guidate, basandosi sulla cultura personale; i visitatori delle classi medie leggono i cataloghi del museo e visitano il museo accompagnati da una guida (umana o audio guida), cercando di apprendere il più possibile. Aspirano a diventare classi colte, ma così facendo sono subordinate ad esse, dimostrando di essere inferiori. La classe operaia non va al museo perché è incapace di decodificare i codici museali, manca del capitale culturale necessario per entrare nelle sale senza provare imbarazzo o sentirsi osservata in modo ostile. Nemmeno la guida può aiutare la classe operaia perché sarebbe la prova della sua ignoranza. Questa analisi era basata su una ricerca condotta negli anni 1960; oggi, con un evidente imborghesimento della cosiddetta classe operaia, che ha accesso alla proprietà privata, almeno della casa (finché l’IMU non gliela porterà via) e accesso al turismo low cost, ma piuttosto sofisticato, la classe operaia ha meno imbarazzo verso il museo. Sono state proprio le mostre blockbuster ad aprire il mercato museale anche alla piccola borghesia e alla working class. Roma, come altre città d’arte, può considerarsi a ragione un museo all’aperto, di cui uno dei ‘pieces de résistance’ è di certo il Colosseo. A questo punto la guerra ai centurioni acquista un interessante aspetto di carattere monopolistico. Nella sua intervista (perte 4), MacCannell aveva detto: “Penso che si stia cinicamente tentando di assicurarsi che i soldi dei turisti restino in particolari zone della città e vadano in specifiche attrazioni”. Detto in altro modo: se le vestali del Decoro Urbano cercano di purificare il Colosseo rendendolo accessibile culturalmente solo alle classi medie con guida autorizzata (e magari un domani solo ai pochi eletti flaneurs), cacciando i centurioni, è perché stanno cercando di orientare le masse popolari verso la prossima Romaland? D’altronde, a Venezia sono decenni che il sindaco fa la guerra ai cosiddetti saccopelisti, cioè backpackers, turisti con più entusiasmo che soldi, trattati alla stregua di invasione di pantegane da cui la città deve essere derattizzata. Certo, il rapporto tra turismo e città va considerato, ma non qui.
A questo punto, per concludere, accenno all’autenticità dell’esperienza, quella realtà ‘vera’ e sfuggente a cui il turista aspirerebbe, secondo MacCannell, e che non lo spaventa. In base a questo concetto, è ovvio che i centurioni che truffano il turista, che si menano per difendere il proprio angolo di marciapiede come fanno le puttane e che si alleano contro il pizzardone invasore, sono la realtà ‘vera’, l’esperienza genuina di quel back stage che il turista non vede quasi mai, sono la romanità che si arrangia, anche se il centurione è un romeno, che al turista viaggiatore e al flaneur piace di più di qualsiasi figurante della futura Romaland.


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