Parlare di stereotipi e di boom letterari, noti anche come “mode”, non è un compito facile. Prima di iniziare a trattare questi argomenti, è bene tenere a mente la differenza che c’è fra le due cose. D’altronde la moda letteraria è collegata agli stereotipi poiché è grazie a essa che si formano i soliti cliché.
Lo stereotipo è l’insieme di caratteristiche che appartengono quasi sempre allo stesso tipo di personaggio; parlando di genere fantasy, potremmo prendere come esempio l’eroe per eccellenza, il giovane guerriero istintivo e inconsapevole dei propri poteri che nella maggior parte dei casi si rivela essere l’ultimo discendente di una stirpe elfica o l’ultimo della sua razza o, tanto per farla breve, l’unico in grado di sconfiggere il super cattivo. Nella letteratura fantasy d’avventura è – quasi sempre – presente un esercito di elfi e nani e, come se non fosse scontato, a volte spunta qualche drago; dare le caratteristiche più conosciute e comuni a questi personaggi (ad esempio, il nano è scorbutico, arrogante e abile nel combattimento grazie alla sua esperienza, l’elfo è saggio, fortunato e abile con l’arco, il drago… è un drago) rischia di far sembrare la storia banale e scontatissima. Ma gli stereotipi non sono presenti solo e unicamente nel genere d’avventura, anzi; anche i sottogeneri del fantasy, i cosiddetti “ibridi” letterari, iniziano a presentare lo stesso problema.
Com’è possibile?
Ecco qualche esempio: nei generi urban fantasy e paranormal romance gli stereotipi più comuni sono quello del nemico-amante bello e dannato che finisce per diventare buono grazie al potere dell’amore e quello della protagonista umana insicura, con mille problemi nella mente e senza particolari poteri magici, ma che ha quel qualcosa in più capace di far diventare un vampiro o una creatura qualsiasi un essere buono.In entrambi i generi è possibile assistere talvolta al cliché della ragazza svogliata e inconsapevole della propria bellezza naturale, capace di attirare a sé tutti i ragazzi possibili e immaginabili e tutte le creature della notte (basti pensare a Twilight di Stephenie Meyer, Sangue Blu di Melissa de la Cruz, Wicked Lovely di Melissa Marr, o ancora a Il bacio dell’angelo caduto di Becca Fitzpatrick, ecc.). L’ideale sarebbe rendere diversa la protagonista rispetto alle solite ragazze del genere, magari rude o sicura di sé… descrivere il personaggio con difetti e pregi renderebbe il tutto più realistico e meno “banale”. Un altro personaggio stereotipato è quello dell’amica del cuore che, non importa che sia rossa o mora, magra o più in carne, è sempre più bella e più tonta della protagonista.
Tornando al fantasy d’avventura, ambientato in epoche poco precisate che riportano la mente al periodo Medioevale, gli stereotipi sono molto più frequenti rispetto ad altri generi ancora; e partono dal successo avuto dai libri di J. R. R. Tolkien. Infatti, la maggior parte dei cliché del genere proviene da libri famosi, dei veri e propri capisaldi che vengono quasi mimati; gli elfi guerrieri, i maghi, il nano scorbutico sono tutti stereotipi nati per seguire le orme de Il Signore degli Anelli. C’è stato un periodo in cui “scrivere fantasy” significava parlare di gnomi, elfi e spade senza eccezioni. Oppure parlare di un protagonista ignaro del proprio destino e di tanti draghi che abitavano in terre dai nomi impronunciabili.
Penso che quando una storia raggiunga l’apice, chiunque cerchi inconsapevolmente di emulare le caratteristiche dei personaggi principali; a volte si emula solo in piccola parte, mettendo una buona parte della propria originalità e rendendo la storia diversa da tutte le altre, altre volte si rischia di scrivere qualcosa di troppo scontato.
Il boom letterario di una qualche storia genera quindi degli stereotipi o, in tal caso, scene già viste e riviste in altri romanzi. C’è un tempo d’oro per emergere per ciascun genere o sottogenere, tuttavia è impossibile prevedere quale genere e quale storia andranno di moda negli anni successivi; attualmente sembra che il romance e soprattutto l’erotico vengano presi molto in considerazione rispetto ad altre storie dopo il successo ottenuto dalla Trilogia delle Cinquanta Sfumature della James. Altri esempi ancora sono l’epoca dei vampiri buoni e innamorati subito dopo la pubblicazione e il successo di Twilight nel 2005, storie ripubblicate ma già note in America agli inizi degli anni ’90, e il periodo compreso fra il 2010 e il 2012 delle fiabe rivisitate in chiave dark e fantasy, basti pensare al celebre film di Tim Burton, Alice in Wonderland, o ai romanzi usciti in quel periodo come Cynder di Marissa Meyer, che racconta di una Cenerentola un po’ particolare che vive in un’epoca fantascientifica; ci sono anni in cui alcune storie hanno più notorietà di altre e in cui i lettori cercano con particolare interesse una trama simile a un libro già famoso, nel caso del fantasy distopico sul filone della trilogia Hunger Games di Suzanne Collins e di The selection di Kiera Cass.
Questi esempi ci portano a capire come gli stereotipi, i cliché, siano in realtà un prodotto di opere di grande successo, che hanno finito per influenzare più o meno inconsapevolmente la produzione letteraria e cinematografica successiva.
Laura Buffa