28 aprile 2014 Lascia un commento
Si perche’ la madre fara’ anche di peggio ma non voglio rovinare la sorpresa.
Gia’ nella vita di una persona il passaggio dalla fanciullezza all’eta’ adulta e’ complicata, se poi ci si trova con le pulsioni sessuali intatte ma senza come dire, possibilita’ di esprimerle, la tragedia e’ reale.
Il padre non sa darsi pace, la madre e’ fuggita e intanto il figlio intrattiene una morbosa e paradossale relazione con l’ex amante del genitore, una ninfomane assatanata, che consapevole della situazione, usera’ la sua perversione per soddisfare le proprie voglie e quelle del ragazzo.
Ebbene si e’ parlato di "Arirang", del desiderio del regista di azzerare tutto e ripartire, del successivo "Amen", tecnicamente e filosoficamente un passo dopo, poi "Pieta’" col ritorno alla grande e infinr "Moebius", straordinaria conferma che Kim e’ tornato e il suo cinema cresce e si evolve con ancora piu’ forza, energia e voglia d’inventare. Si perche’ non l’ho detto prima ma per l’intero film non viene pronunciata alcuna parola.
Scevro di discorsi, la recitazione si esalta negli sguardi e nelle situazioni senza mostrare alcuna forzatura nell’ostentare silenzio e si affida a certezze gia’ collaudate anche aiutandosi col ritorno di Jo Jae-hyeon, l’attore feticcio del regista che da "Crocodile" in poi ha dato espressione al suo cinema.
Ovviamente la recitazione e’ importante, fondamentale e senza alcuna eccezione, gli interpreti sono fenomenali, ognuno nel suo carico di dolore primitivo ed archetipo.
In effetti il complesso edipico, amplificato da Kim facendo interpretare a Lee Eun-woo sia la madre che l’amante, non e’ per lui un tema nuovo anzi mettendo in conto l’equazione dolore=piacere, si ripassano le tematiche gia’ affrontate in "Seom – L’isola", forse ad oggi non il piu’ celebre ma di certo il piu’ importante della sua filmografia.
A dirla tutta, Kim allarga ed espande il concetto rappresentando la presa di potere generazionale del figlio sul padre, di fatto palese e non accademica, sostituzione fondata sulla virilita’ e tutt’altro che metaforica
La madre torna ad essere genitrice eppure matrigna, in lei ogni inizio ed ogni fine e il dolore dell’uomo e’ biblico quanto il partorire lo e’ per la femmina. L’assenza di linguaggio quindi non e’ strumentale ma necessaria a sottolineare l’appartenenza delle dinamiche interpersonali ad una sfera primitiva ed animale, cosmica e atemporale. Straordinario.
Infine perche’ il titolo "Moebius"? Basta arrivare in fondo, si sappia pero’ che una circolarita’ esiste.
Signori, Kim c’e’, fatevene una ragione e godetene tutti.