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Mondi cibernetici ed iperdimensionali: da Philip K. Dick a Giorgio Grati (seconda parte)

Creato il 23 febbraio 2013 da Straker
Mondi cibernetici ed iperdimensionali: da Philip K. Dick a Giorgio Grati (seconda parte)Leggi qui la prima parte.
Nel marzo del 1972, durante un viaggio a Vancouver, soffrì per due settimane di vuoti di memoria. Alcuni anni dopo riferì a Tessa di essere stato rapito da uomini della mafia (o da men in black?). I loschi figuri l’avevano portato in giro in una limousine, subissandolo di domande.
In un'altra visione, Dick asserì di aver incontrato alcuni esseri grigi con tre (!) occhi bionici. I Grigi erano chiusi in sfere di vetro. Gli androidi erano in una stanza in cui si trovavano degli elaboratori, con cui operavano tecnici sovietici.
Dick era sottoposto a sorveglianza per opera dell’Intelligence? Senza dubbio, ma a fini di persecuzione o di sperimentazione? Questo è arduo da stabilire, come è difficile orizzontarsi nella sue produzione ed esistenza visionarie, discernere tra fantasia e realtà.
Dick ha avuto una vita sociale molto gratificante, contando molti scrittori di fantascienza nella sua cerchia di amici e conoscenti. Una persona che certamente ha considerato Dick un amico fu Ira Einhorn, rinchiuso in una prigione degli Stati Uniti, dopo la sua estradizione dalla Francia con l'accusa di aver ucciso nel 1977 la fidanzata, Holly Maddox. Tra la fine degli anni ‘60 ed i primi anni ‘70 del XX secolo, Einhorn fondò l’"Invisible college", un sodalizio di scrittori, pensatori, scienziati, attivisti e uomini d'affari tra i quali si discutevano idee eccentriche in ambito filosofico e scientifico e dove furono forse prodotti apparati tecnologici. Tra gli aderenti al cenacolo, annoveriamo l'astronauta Edgar Mitchell, il fisico Jack Sarfatti, lo parapsicologo Andrija Puharich e l’ufologo Jacques Vallée.
L’ossessione di Einhorn fu il lavoro svolto negli Stati Uniti ed altrove circa la telepatia, il controllo mentale ed il remote viewing, la visione a distanza. Egli sostenne che le sue conoscenze a proposito di tali programmi spinsero la C.I.A. ad uccidere la povera Maddox per poi incolpare lui.
Nel 1977, nel suo intervento al Festival della fantascienza di Metz, Dick affermò che le sue esperienze paranormali lo avevano persuaso che i suoi romanzi ed i suoi racconti erano in un certo senso “veri”. L'autore credeva di ricordare una vita precedente molto diversa. Pensava che la realtà in cui viviamo sia fittizia, una sorta di programma generato da un gigantesco computer, dove ci accorgiamo che accade qualcosa di strano, solo quando una variabile viene mutata. I déjà vu, secondo il narratore statunitense, potrebbero essere indizi che in un qualche punto del passato una variabile è stata modificata: da ciò scaturirebbe una realtà alternativa. Il tempo non è reale: gli uomini percepiscono il tempo in cui ritengono di essere, ma invero si trovano in un’altra epoca. Le discrepanze cronologiche che egli visse così drammaticamente, ma che noi tutti esperiamo, prima o poi, attraverso i déjà vu, ne sarebbero la prova.
Le speculazioni di Dick, inerenti alla natura della realtà e che preludono in parte alla “filosofia” della saga “Matrix”, si inquadrano in quella che potremmo definire “ipotesi tecno-ufologica”, ossia un’intepretazione secondo cui gli Altri sono androidi o addirittura il nostro pianeta (o dimensione?) è il risultato di un programma informatico.

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