Siamo al 56′ di Italia – Uruguay: sulla trequarti azzurra, Marchisio interviene su Rios senza cattiveria, per proteggere la palla. L’arbitro, Moreno – sì, ancora un Moreno nel nostro percorso, questa volta messicano – fischia il fallo e tira fuori dal taschino il cartellino rosso. Gli Azzurri, increduli, circondano il direttore di gara e chiedono spiegazioni, mentre il centrocampista della Juve esce dal terreno di gioco senza parole. Il fallo può starci, ma il cartellino rosso?
È l’episodio che cambia la storia della partita e porta l’ago della bilancia dalla parte sudamericana. Il secondo errore dell’arbitro giunge al 79’: Suárez perde la testa – e non è la prima volta! – e morde Chiellini, ma l’arbitro non vede e non vien neanche aiutato dagli assistenti. Italia, quindi, “cornuta e mazziata” due minuti più tardi dal marchio di fabbrica di Godín: il colpo di testa, decisivo nella vittoria della Liga, nell’illusione in finale di Champions League e nel passaggio del turno a questi Mondiali.
Dunque, maxi errori del direttore di gara, ma non è l’unico a prendere questi abbagli clamorosi. Basta vedere le prime partite degli attuali Mondiali per capire che, fortunatamente, non sono solo gli arbitri italiani a lasciar desiderare.
Detto questo, la colpa del nuovo disastro dell’Italia non è tutta dell’arbitro. Ai campionati del mondo sudafricani, Nazionali del calibro della Nuova Zelanda se la sono giocata alla pari, riuscendo a bloccarci. A questi campionati, invece, siamo stati addirittura sconfitti dalla Costa Rica.
Conclusa l’avventura in terra verde-oro, i tifosi azzurri si chiedono: qual è la causa di questo bruciante fallimento?
Una possibile attenuante può essere il caldo torrido brasiliano e l’altissimo livello di umidità, che ha condizionato e pesato sui nostri giocatori, non abituati ad un clima del genere. Però vien da chiedersi come mai, per esempio, l’Olanda abbia vinto tutte e tre le partite, pur essendo più a nord del nostra penisola e, di conseguenza, abituata ad un clima molto più fresco, e la Francia sia sulla buona strada.
A questo punto, non è più una questione di clima, ma di mentalità, condizione fisica e qualità dei giocatori. Per gli Oranje, gente come Robben e Van Persie ha fatto la differenza nelle partite del girone – vedi la cinquina rifilata alla Spagna – e, probabilmente, continuerà a farla fin dove possibile. “Attenti a quei due” che han matato i Campioni del mondo in carica e si son presi sulle spalle l’intera squadra, fornendo assist e sfornando gol a ripetizione. Per la Francia, c’è Benzema, già a quota tre in due partite, Giroud, Valbuena e Pogba.
E noi su chi possiamo e potremo contare per il futuro? È una bella domanda a cui è difficile dare una risposta. Balotelli è incostante, un oggetto misterioso per l’Italia e per il Milan e la parte più giovane della componente nazionale è di qualità media e con poco esperienza internazionale. Così non si va da nessuna parte e, con una condizione fisica precaria come quella vista, non ci si muove proprio.
Uno dei mali sta nell’aver incontrato e battuto subito l’Inghilterra, ritenuta una grande Nazionale non solo di nome ma anche di fatto. Invece, come abbiamo avuto modo di constatare, i Tre Leoni erano più che altro dei gattini che, al posto di ruggire, hanno miagolato, cadendo ben due volte rumorosamente. Non è stata che una vittoria illusoria e ingannatrice, perché nessuno avrebbe mai considerato così scarsa e opaca la Nazionale di Hodgson e così pericoloso la sorprendente Costa Rica, mentre la forza e la qualità dell’Uruguay erano note.
Altro punto che ha fatto e fa discutere sono i cambi apportati da Prandelli sia e soprattutto con la Costa Rica sia con l’Uruguay. Partendo dal presupposto che l’Italia ha completamente sbagliato l’approccio alla gara contro Ruiz & co, la scelta di tener fuori dal primo minuto Verratti – uno sei migliore in campo con La Celeste – per un pasticcione, spento e inconcludente Thiago Motta è costata cara e si è rivelata inconcludente così come gli ingressi di Cassano, Insigne e Cerci: il primo, invece di dar brio alla fase offensiva, l’ha spenta, sbagliando tutto il possibile; il secondo non è riuscito a combinar nulla, mettendosi in mostra solo con una temeraria e improponibile acrobazia da posizione impossibile; il terzo ha avuto solo un pallone giocabile, ma il compagno di reparto l’ha sprecato, quindi, in pagella, sarebbe da “SV”. Merito va anche dato, com’è giusto che sia, alla strepitosa prestazione generale della pseudo-Cenerentola del girone D, però, se non si riesce a tirare in porta – com’è successo nella ripresa – contro una squadra inferiore, in primis è dura pensar poi di battere le grandi, in secundis c’è qualcosa che non va là davanti.
Nuove perplessità sorgono, infine, durante l’ultimo incontro: Prandelli, messo un po’ alle strette e sollecitato dall’opinione pubblica, si è giocato sin da subito la carta Immobile come ultima spiaggia con l’Uruguay, ma quella di Natal è stata veramente l’ultima spiaggia brasiliana vista dagli Azzurri. Ma quel che sorprende sono, ancora una volta, le forze fresche scelte a partita in corso: prima toglie Balotelli per Parolo, rinunciando quasi interamente alla fase offensiva e lanciando un messaggio: “Ci basta lo 0-0, difendiamolo”; poi, in 10 contro 11, fuori Immobile e Verratti per crampi, dentro Cassano e Thiago Motta, molto meno mobili e atletici. Questi ultimi due cambi han dato la mazzata finale all’Italia, che ha fatto ancora più fatica a rendersi pericolosa e ha perso km nelle gambe, spegnendosi pian piano fino ad un triplice amaro fischio finale. Insomma, scelte rivedibili nonché opinabili.
In un clima di rabbia, delusione e sconcerto, Abete, Prandelli e alcuni “senatori” annunciano i loro addii e, un po’ come dopo Calciopoli, ci ritroviamo a dover partire da capo, dalle macerie di un’altra disfatta. Ma questa volta è necessario puntare molto di più sulle giovanili, con un progetto serio e concreto in modo da poter contare sui loro giovani e promettenti “prodotti” da far crescere nel nostro campionato, senza l’incubo di perderli all’estero, e da inserire della Nazionale maggiore.
L’Italia del calcio, dunque, ha toccato il fondo – complici anche gli scontri prima e dopo le partite di cartello (come la finale di Coppa Italia) – e con lei anche il nostro campionato, che continua a perdere valore, fascino, prestigio e giovani talenti. Speriamo che, come una fenice, possa risorgere dalle proprie ceneri e riprendersi la scena, ma ci vorrà tempo.