Per il secondo appuntamento della mia rubrica di cinema mi occuperò di un altro regista del cinema indipendente americano, Gregg Araki, il nuovo re della cinematografia “queer” d’oltreoceano.
Araki è famoso nel panorama internazionale per la sua miscela di comicità surreale, estetica splatter, tematica lgbt e surrealismo dark anni novanta. Prendendo spunto da altri registi quali Bruce LeBruce e David Lynch, ha creato un cinema originalissimo, sempre denigrato dalla critica ma amatissimo da una piccola nicchia d
i ammiratori.Il suo primo successo risale al 1992 con The Living End, storia on-the-road di due gay sieropositivi nell’America odierna, per poi trionfare con la trilogia sull’adolescenza dannata di Totally Fucked Up (documetario su giovani gay e lesbiche Californiani), seguito da Doom Generation (il più premiato tra i tre, storia di un menage-a-trois tra droga, perversione e morte) e infine Nowhere (considerato un “Bverly Hills 90210 sotto acido”, uno psichedelico viaggio tra i giovani d’oggi e un saggio delirante sulla perdita dell’innocenza).
Approda poi nel terzo millennio a un cinema più maturo con il drammatico Mysterious Skin, tratto dal romanzo di Scott Heim, che racconta la storia di due ragazzi che hanno vissuto una comune esperienza, ma che riescono a reagire ad essa solo in maniere completamente diverse; una storia su incontri ravvicinati del terzo tipo e pedofilia, raccontata con amarezza e lucidità.
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