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Monrovia(Liberia) /Salario decente ai lavoratori /Il Parlamento ne discute

Creato il 17 settembre 2013 da Marianna06

  

  

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L’argomento cade a fagiolo, considerando che oggi, a Milano, sarà presente e parlerà al Piccolo Teatro Strelher, nell’ambito di “Women in Business and Society “, un evento al femminile per la prima volta anche in Italia, il Premio Nobel per la Pace, la liberiana Lyemah Gbowee.

Di lei , per capire meglio e di più, dobbiamo assolutamente leggere l’autobiografia dal titolo un po’ provocatorio e cioè “Grande sia il nostro potere”, edito già da qualche anno in Italia da Corbaccio e presente nelle nostre librerie.

Lyemah, oggi una donna di 41 anni, è la testimonianza vivente che anche avversità inenarrabili come la terribile guerra civile, che c’è stata anni addietro in Liberia, possono essere superate se, una volta scampato il pericolo di vita, c’è tutta intatta la voglia di ricominciare daccapo e ricostruire quel tessuto connettivo lacerato a tradimento dagli eventi bellici.

Eventi che, a suo tempo, avevano mandato in frantumi persino i sogni e le speranze di una studentessa capace come lei.

Ma la studentessa non si arrese mai, nonostante il suo, come quello di moltissimi altri connazionali, non fosse per niente un bel vivere.

Con altre donne, anche se non era  impresa facile per via dei condizionamenti al maschile, fonda il movimento “Mass Action for Peace”, con l’obiettivo di dare un contributo tangibile al processo di pace in corso, appunto,immediatamente al termine della guerra. Generare insomma un cambio di mentalità pacifista a partire dalla donna, moglie e madre.

E riesce, con molta tenacia e una buona dose di fortuna, a centrare abbastanza presto l’obiettivo.

Il resto, chi vorrà, lo leggerà nel suo libro.

Ma pace, in un certo senso, significa anche e soprattutto, io direi, lavoro certo. Un lavoro garantito, almeno per i capo-famiglia (siamo in Africa, e in una Liberia troppo povera, specie per chi campa  della fatica delle sole proprie braccia), il quale  dovrebbe accompagnarsi di necessità a una paga che sia almeno dignitosa.

E questa, infatti,  è la battaglia che si sta portando avanti in Parlamento, nel parlamento liberiano, da alcuni anni, circa tre, per cancellare quel salario minimo garantito che, per il lavoratore, ammonta attualmente soltanto a 80 centesimi di dollaro al giorno.

Per poter definire dignitosa la paga giornaliera di chi presta la propria manodopera si dovrebbe arrivare ,invece, a 6 dollari al giorno, riferiscono i “media” locali, tenendo presente i differenti punti di vista degli studiosi del problema, che seguono da vicino il dibattito sul”Decent Work Bill” che, con alti e bassi tra le due camere e non si è ancora concluso.

Secondo l’Indice dello sviluppo umano delle Nazioni Unite, l’83% della popolazione della Liberia vive, oggi, con meno di un dollaro al giorno.

In conclusione ascoltare la Gbowee, questo pomeriggio, significherà per noi, sempre alla ricerca di ricette troppo facili, comprendere anche, dietro la forza delle parole, un messaggio “speciale”, perché proveniente da un  contesto con molti complessi problemi irrisolti (infrastrutture,sanità, scuole oltre che endemica mancanza di lavoro) come lo è quello della Liberia dei nostri giorni, in cui, comunque, la speranza di farcela non cede mai  allo sconforto e alla resa .

Semmai è proprio esattamente il contrario.

 

   a cura di Marianna Micheluzzi (Ukundimana)


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