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Montecassino 1944: tragici errori e ciniche scelte

Creato il 14 febbraio 2014 da Gaetano63

Montecassino 1944: tragici errori e ciniche scelteI retroscena diplomatici del bombardamento 
di Gaetano Vallini

Un «crimine di guerra» lo definirono i tedeschi nella loro propaganda, una «necessità militare» si difesero i britannici, un «tragico errore» ammisero poi gli americani. Settant’anni dopo, il bombardamento della millenaria abbazia di Montecassino del 15 febbraio 1944 resta ancora una delle pagine più controverse della seconda guerra mondiale. Originata dall’errata convinzione, come ormai appurato senza ombra di dubbio, che le truppe del Terzo Reich utilizzassero il monastero come fortezza o quantomeno come un osservatorio strategico nell’ambito della poderosa Linea Gustav, la distruzione fu da subito al centro di polemiche e di scambi d’accuse. Da più parti si levò un’ondata di indignazione per aver ridotto a un cumulo di macerie un luogo di grande importanza storica, artistica e religiosa, nonché per la morte di oltre duecento tra i profughi che vi avevano trovato rifugio contando sulla neutralità del monumento assicurata al Vaticano dai belligeranti.L’analisi delle vicende e delle responsabilità militari si trova in un gran numero di libri, articoli e memoriali che di fatto hanno aperto un’altra battaglia, stavolta sul piano storiografico. Ciò che è rimasto in parte inesplorato è lo scenario diplomatico che precedette e seguì il tragico evento, comprese le iniziative della Santa Sede sui governi di Berlino, Londra e Washington prima per proteggere l’abbazia benedettina e poi per salvaguardare Roma. E sono proprio questi aspetti sui quali si concentra il libro di Nando Tasciotti Montecassino 1944 (Roma, Castelvecchi, 2014, pagine 325, euro 19,50) che cerca di far luce sui retroscena di quel bombardamento.Dopo un minuzioso lavoro di ricerca in archivi alleati e italiani, e soprattutto attraverso interviste a monaci e profughi, l’autore, giornalista d’inchiesta, sottolinea che su Montecassino prima, durante e dopo la distruzione, «oltre alle bombe sono piovute anche forti dosi di distorsioni e bugie. Vi contribuirono — spiega — sia i militari e i gerarchi nazisti di Hitler (che ebbe la responsabilità, primaria e decisiva, di aver fatto inserire fortificazioni della Linea Gustav anche a ridosso dello storico monastero benedettino) sia i comandanti militari alleati (Wilson, Alexander, Clark, Freyberg), ma anche il presidente americano Roosevelt e il premier britannico Churchill». Di questi ultimi, il primo disse di aver appreso del bombardamento da un giornale del pomeriggio, il secondo non ne parlò per anni. In sostanza, nonostante  storici inglesi e americani abbiano sostenuto che non ci sarebbero prove per affermare che la decisione finale di bombardare l’abbazia sia stata presa a un livello superiore a quello militare, almeno nel caso del primo ministro britannico «un forte e finora inedito indizio documentale» fa supporre se non altro che non poteva non sapere. E che quindi, non intervenendo in senso contrario, di fatto avallò l’operazione. Dal 26 gennaio al 14 febbraio — secondo quanto appurato da Tasciotti — Churchill scambiò con i generali Alexander e Wilson almeno dieci telegrammi relativi al fronte di Cassino e all’attività del corpo neozelandese, il cui comandante, il generale Freyberg, premeva con insistenza per il bombardamento. E l’ultimo, forse decisivo, fu inviato venti ore prima dell’entrata in azione delle “fortezze volanti”. Churchill, scrive l’autore, «chiedeva ad Alexander perché non fosse stato ancora “lanciato l’attacco di Freyberg”, i cui piani (ignoti a Churchill?) prevedevano come fondamentale e “preliminare” proprio l’“ammorbidimento” della posizione dominante dell’abbazia». Tasciotti analizza anche il ruolo del Vaticano nella vicenda, e nel farlo abbraccia un’azzardata tesi: quella del “basso profilo”, quando parla di atteggiamento enigmatico e sostiene che un’azione diplomatica più energica da parte di Pio xii e della Santa Sede — che in realtà aveva esercitato pressioni sui Governi di Berlino, Londra e Washington — avrebbe potuto in qualche modo evitare la distruzione di Montecassino. E che anche in seguito, il Papa non avrebbe condannato con forza quell’azione, mantenendo una linea morbida con gli alleati. Ma una risposta viene dal gesuita tedesco Peter Gumpel, che aveva conosciuto da vicino Papa Pacelli e che per anni ne ha curato la causa di canonizzazione. Infatti in un’intervista rilasciata all’incalzante autore, Gumpel sostiene che «i Patti Lateranensi del 1929 obbligavano il Papa alla neutralità. Lui, anzi, preferiva parlare di imparzialità, non fare dichiarazioni pubbliche che potessero avvantaggiare l’una o l’altra delle parti. Nel caso di Montecassino, nel pieno di una guerra che diventava sempre più feroce, fare una dichiarazione pubblica senza avere accertato la verità era molto pericoloso». 

Montecassino 1944: tragici errori e ciniche scelte
La questione per il Papa era questa: Montecassino era stata occupata o no dai militari tedeschi? Per saperlo, aveva interpellato tedeschi e americani, ma la certezza poteva venire solo dall’abate Diamare. Che dopo il suo arrivo a Roma confermò l’assenza di truppe naziste nel recinto del monastero. Ma anche dopo il bombardamento, secondo il gesuita, «una protesta pubblica era pericolosa e inopportuna, per il seguente motivo: non c’erano soltanto una guerra sul fronte, ma erano in corso da tempo anche una guerra diplomatica, una guerra psicologica, una guerra mediatica. Quindi se in quel momento il Papa avesse detto pubblicamente ciò che aveva sentito (e credeva essere vero sulla base di quanto l’abate Diamare gli aveva detto), avrebbe dovuto accusare gli americani per aver distrutto un monumento di quel valore e ucciso addirittura le vite di tanti civili innocenti, e per aver mentito sulla presenza dei tedeschi dentro l’abbazia. Quali sarebbero state le conseguenze? I tedeschi — aggiunge il religioso — certamente avrebbero detto: il Papa finalmente ha confermato ciò che noi abbiamo sostenuto da tempo, cioè che la propaganda degli Alleati è basata su bugie, falsità. E questo il Papa non lo voleva. Se invece avesse pubblicamente ringraziato i tedeschi per non aver occupato l’abbazia, avrebbe avuto la reazione molto negativa degli americani».In ogni caso, a quel punto, salvaguardare Roma «era la preoccupazione principale». La chiosa di Tasciotti è comunque più indulgente sui presunti limiti da lui rilevati nell’azione della Santa Sede, i quali, nella catena delle responsabilità, «non possono certo attenuare, per la storia, il peso decisivo della preventiva “cinica scelta” dei tedeschi di installarsi comunque a ridosso di quelle sacre mura, e l’enormità del “tragico errore” degli Alleati». E anche nei confronti di questi ultimi — e dei loro leader politici del tempo — manifesta riconoscenza, collocando questa «macchia storica» nell’ambito «della loro perennemente meritoria e vittoriosa lotta contro il nazi-fascismo».(©L'Osservatore Romano – 15 febbraio 2014)


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