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E alla fine arriva Mario Monti. Caduto (rovinosamente) Berlusconi, il Presidente della Repubblica Giorgio Napolitano ha nominato l’ex Commissario europeo nuovo Capo del Governo. Ma a quali condizioni? Perché fra totoministri, totoprogramma e totofuturo del paese, non si è ancora capito quali siano – nel dettaglio – le scelte di Monti per rilanciare il paese. La patrimoniale, forse? La reintroduzione dell’Ici? L’anticipo dell’innalzamento dell’età pensionabile, già a 67 anni, al 2020? Il programma sono le richieste contenute nella lettera inviataci mesi fa dalla Bce? Mistero.
Si è fatto un grosso errore, a mio avviso. Un errore che il paese rischia di pagare caro. Già qualche giorno fa avevo sollevato dubbi sulla scelta di Monti: il fatto che sia un uomo di Goldman Sachs (come pure Draghi), e che soprattutto sia membro del Bilderberg Group e della Trilateral Commission non mi fa dormire sonni tranquilli. Perché si ha come l’impressione di essersi finalmente tolti dai piedi un massone (Berlusconi), per ritrovarci nelle mani di un tecnocrate braccio armato della finanza più spietata, quella che per intenderci ha scatenato la crisi con cui da anni dobbiamo fare i conti. Torno al discorso intrapreso poche righe fa. Ho parlato di errore, e molti di voi si chiederanno il perché. È semplice: abbiamo avuto (tutti) fretta. Pur di togliersi dai piedi il Cavaliere, il Parlamento ha votato la legge di stabilità – non una norma qualsiasi – in tre giorni. Legge che fra l’altro contiene anche le misure richieste all’Italia dalla Banca Centrale Europea per rilanciare l’economia. All’interno ci sono norme ripugnanti, vedi quella che è stata ribattezzata «Legge mancia», ovvero un fondo per piccoli interventi nei comuni che i parlamentari hanno a disposizione per i propri collegi. Questo sulla carta: in pratica il provvedimento non è altro che un modo dei parlamentari per assicurarsi una quota “a fondo perduto” da ripartire poi nel chiuso delle commissioni. E non si tratta di poche centinaia di migliaia di euro, ma di ben 150 milioni.
Poi sabato, alle ore 21.41, Berlusconi lascia. Caroselli, champagne, trenini e pure qualche monetina, in ricordo del 1993, di Bettino Craxi e dell’Hotel Raphael. Monti prende l’incarico con riserva, dice che «c’è molto lavoro da fare», che «non si verseranno lacrime e sangue ma qualche sacrificio è necessario». Partono le consultazioni, e si va incontro al primo intoppo: l’ex rettore della Bocconi non vuole un Esecutivo fatto di soli tecnici, ma anche di personalità di spicco del mondo della politica (Amato e Letta, malgrado quest’ultimo abbia fatto l’ormai famoso «passo indietro»?). Alt, fermi tutti un istante. Il Governo tecnico è una cosa – formato, appunto, da figure che non provengono dal mondo della politica –, quello tecnico-politico un’altra. A questo punto, a ben vedere, erano meglio le urne. O no?
Monti parla chiaro: «Il mio non è un incarico a tempo: sono pronto a rinunciare se ci fossero problemi di sorta». Anche questa mattina si sono vissuti momenti di tensioni, visto anche l’annuncio del futurista Italo Bocchino al Corriere della Sera: «Non escludo l'eventualità di un'alleanza futura con il Pd che preveda Monti come candidato a palazzo Chigi». All’ora di pranzo, una volta terminate le consultazioni con Pd e Pdl, il Governo Monti sembra essere in procinto di nascere. Entro venerdì dovrebbe esserci il voto della Camera. Intanto lo spread è risalito paurosamente a quota 530 punti, e la Borsa di Milano è in perdita, così come gli altri listini europei.
Presidente, al paese servono segnali forti. La politica cominci a darne alcuni – riducetevi lo stipendio, tagliatevi i vitalizi, rinunciate alle auto blu –, noi vi seguiremo. Avete la nostra parola.
Giorgio Velardi
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