Enrico Mentana apre il suo spazio informativo quotidiano con un avvenimento che domina su tutto il resto ed è la decisione di non candidare Roma alle prossime olimpiadi.
All’unanimità il governo ha detto no alla candidatura di Roma 2020, non si è fatto influenzare dalla pomposa campagna propagandistica fatta nei giorni scorsi e valutati i costi e i benefici dell’operazione, il premier Mario Monti ha deciso che non esistono le condizioni perché lo Stato possa offrire le necessarie garanzie alla candidatura. ”Non ce la sentiamo di prendere un impegno finanziario che potrebbe gravare sulle finanze dell’Italia”.
Dunque con questi chiari di luna non possiamo permetterci di firmare impegni che non siamo sicuri di poter assolvere. Dopo un’attenta analisi il premier Monti ha concluso che non ci sarebbero sufficienti garanzie economiche da parte dello Stato per sostenere l’avventura olimpica. Troppo elevati i fondi per realizzare il sogno olimpico, finanziato con fondi pubblici. L’Italia di oggi in crisi e costretta a tagli e sacrifici, non se le può concedere.

Una scelta dura. Un rifiuto, che alla luce dell’operato fino ad ora condotto da questo governo, appare condito dalla ragionevolezza. I partiti l’hanno presa male, il più deluso, Alemanno che da da mesi ripeteva la sua convinzione del sì del governo, e dopo il no arrivato senza se e senza ma, ha minacciato le dimissioni, prontamente smentite. Poi inizia il coro delle proteste. Soddisfatti solo i leghisti, che elegantemente esprimono la condivisione: “Ottima decisione, a Roma fanno solo casino” il plauso di Umberto Bossi.

Il presidente del Consiglio Mario Monti non ha voluto firmare le garanzie per la candidatura di Roma alle Olimpiadi del 2020 per il timore che la macchina a cinque cerchi made in Italy si sarebbe trasformata in un buco nero di sprechi, così come avvenuto per altri grandi eventi. Del resto Roma entrava nella rosa dei candidati insieme ad altre rivali, sarebbe stato comunque difficile.
In conclusione una decisio







