Era impossibile che in un film in cui gli americani salvano migliaia di opere d’arte europee dalle grinfie di Hitler ci fosse un po’ di trionfalismo e autocompiacimento, ma l’avevamo messo in conto. Siccome non dà troppo fastidio, possiamo parlare di quello che succede, anche in questo caso based on a true story: una squadra di critici ed esperti d’arte deve appunto recuperare tutti i dipinti, le sculture che i nazisti rubano dalle città che conquistano, per restituirli ai musei, ai privati o più in generale ai luoghi cui appartenevano. Prima che i vertici del regime si rendano conto che la guerra è persa. L’iniziativa, partita dal presidente Roosevelt, si propone di evitare uno dei tanti effetti nefasti della guerra: non solo la morte di essere umani, la distruzione delle loro dimore e dell’economia di un’intera nazione, ma anche il desiderio – di quelli che confidano di vincere – di appropriarsi o cancellare la storia e l’idendità di una civiltà, che passa anche per l’arte. Anche gli americani conoscono bene questo sentimento (chi ha bruciato gran parte del Giappone, come racconta Robert McNamara nel documentario The fog of war?), sebbene in quest’occasione recitino un ruolo diverso. Ecco perché lo spettacolo, basato su una cronaca di intenti pregevoli e ottimi risultati, sarebbe stato ancora più gradevole senza quella tensione ad autocelebrarsi, accompagnata da una colonna musicale sempre in bilico tra l’armonia con la narrazione e la lacrima facile. La struttura narrativa solida e la caratterizzazione dei personaggi, comunque, si prendono – per fortuna – la maggior parte della scena: tutti paiono sinceramente combattuti tra la necessità di preservare l’origine della nostra civiltà, e anche della loro, e il conseguente sacrificio umano che potrebbe derivarne. “Vale la pena che un uomo muoia per salvare un quadro?”, è la domanda più dolorosa che ricorre. Con le parole e le azioni, ognuno darà la propria risposta – purtroppo prevedibile – dopo aver attraversato una sequela di collaborazioni negate e scelte difficili, punteggiate dal generale clima disteso e spesso comico del film. E dalle interpretazioni degli attori molto convincenti.
Ecco la recensione su Cinema4stelle.
Paolo Ottomano