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Non c'è che dire, il respiro disteso cercato dopo gli ultimi corpulenti titoli porta Clooney ad adottare in questa uscita un ritmo di tutt'altro spessore, un ritmo più compassato, pacato, sorretto da toni leggeri e da un cast prettamente impostato in modalità commedia. Tuttavia lo spunto è decisamente serio e drammatico, estrapolato dal libro Monuments Men. Eroi alleati, ladri nazisti e la più grande caccia al tesoro della storia di Robert M. Edsel in cui un gruppo di esperti d'arte improvvisati soldati si assume la responsabilità di recuperare e di restituire in corso di guerra le varie opere d'arte/capisaldi, sequestrate da Hitler e dai nazisti in giro per l'Europa. Una storia vera, quindi, in cui ad essere esaltati più che le battute sono i valori culturali e la Storia che ci appartiene, l'importanza e la salvaguardia delle nostre radici che oltrepassa l'oggetto e la materia per assumere valenza inestimabile da preservare e difendere ad ogni costo. Ci si chiede spesso infatti in "Monuments Men" se in piena Seconda Guerra Mondiale, tra stermini, uccisioni e battaglie per il territorio, valga la pena rischiare l'ennesima vita di uno o più uomini per un oggetto come un quadro piuttosto che una statua, e la risposta, che a inizio giro era indubbiamente negativa, si trasforma man mano di fronte alla maestosità e alla presa coscienza dell'importanza che l'arte sa assumere nella vita e nel tempo, lasciando il segno di chi ha vissuto senza mai dimenticarlo.
E allora si, è un Clooney meno cinico e volenteroso di buonismo, verissimo, ma nemmeno così tanto alla fine, poiché - nonostante non ci permetteremmo mai di contraddire George - la sensazione è che di questo umorismo c'erano sicuramente le intenzioni teoriche ma non tanto le volontà pratiche. La percezione almeno spinge ad assorbire questa pellicola come un oggetto nato per uno scopo al quale poi, per sensibilità oggettiva, si è rifiutato di concedersi, come se si fosse attivata automaticamente in lui una sorta di regolazione la quale si rifiutava di adempiere agli ordini iniziali perché giudicati, in corso d'azione, eccessivamente sottili per le tematiche in ballo.
Perciò "Monuments Men" rallenta spesso, s'ingolfa, riflette, analizza il cammino e cambia rotta per ripartire, lo fa in varie occasioni perché non è in grado di fare il soldato scelto e spedito come all'inizio si era prefissato, rispecchiandosi in questo modo - magari non volutamente - nei comportamenti delle stesse personalità che racconta. George Clooney per la prima volta nella sua carriera registica, perde il filo e tentenna, ha a disposizione un cast stellare da cui non riesce a tirar fuori il meglio e realizza senz'altro un'opera rilevante e di spessore ma con la verve di chi forse, quando aveva deciso di mettere da parte il cinismo, dentro di sé non era poi così convinto.
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