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Siamo nel New England, nell'estate del 1965. Un lungo piano sequenza ci mostra l'abitazione dei Bishop e le note orchestrate da Alexandre Desplat immergono immediatamente in un'atmosfera fiabesca e simmetrica, quasi surreale. La storia che il regista texano, Wes Anderson, padre de I Tenenbaum (2001), propone stavolta allo spettatore, è quella che vede i due giovani protagonisti Suzy e Sam architettare una fuga d'amore. Lungo il sentiero tracciato dai nativi dei boschi i due ragazzi intraprenderanno il loro cammino verso quella che, ai nostri (miei)occhi, appare come "l'isola che non c'è".
Moonrise Kingdom è più di un piccolo ritaglio di terra disegnato dai giovani innamorati, si potrebbe immaginare come il luogo incontaminato dove ogni disadattato, ogni diverso, possa finalmente (ri)trovarsi. Senza più dover subire i pregiudizi e il menefreghismo che troppo spesso attecchiscono, sia nei grandi che negli stessi bambini. Infatti entrambi i protagonisti, condividono situazioni familiari piuttosto disorientanti. Lei, costretta a muoversi in una "casa delle bambole", secondo determinati schemi e affrontando giornalmente le assurde abitudini di una madre (Frances McDormand) che aspira di continuo sigarette e si affida a un megafono per richiamare l'attenzione di figli e marito. Di un padre completamente assente e incapace di agire (un incredibile Bill Murray), tanto da non capire "come" affrontare la parallela relazione della moglie con il capitano dell'isola (Bruce Willis). Sam invece è un orfano affidato a genitori del tutto disinteressati, anche quando il capo scout Randy Ward (Edward Norton) li mette al corrente della sua improvvisa "fuga"non perdono occasione per ribadire la loro indifferenza.
Ritorna la famiglia nel cuore di Anderson, amori impossibili e il passaggio, qui reso soffice e aggraziato dai colori pastello, dalla giovinezza all'età adulta. Giocando poi su una bravura davvero incredibile dei giovani attori Jared Gilman e Kara Hayward, rispettivamente Sam e Suzy, si assiste a un affresco intenso ma leggero sull'ingenuità e la purezza di un "amore fanciullo". Un rapporto speciale nato all'insegna dello stupore e della curiosità, tipiche dei giovani: <<Che uccello sei?>>. Sull'incipit di un botta e risposta su lettere scritte clandestinamente, i due innamorati decidono che la loro unica via di salvezza è "la fuga".
Significativi i personaggi che Anderson seleziona e cura da grande narratore, come il capitano Sharp/Willis, un uomo solo, un po' impacciato (sarà che siamo abituati a vedere il buon Bruce in ruoli del tutto differenti) che ama la donna di un altro. Il capo scout Ward/Norton, un tipo grottesco, buffo se vogliamo, più attaccato alla sua divisa da Scout che al suo lavoro come professore di matematica. Un Bill Murrey sempre straordinario, come dimenticare il suo: "Vado a cercare un albero da abbattere". A petto nudo, con una bottiglia di birra in mano...
Adorabile la voce e presenza narrante Bob Balaban, un meteorologo col cappellino e mantelina rossa ad annunciare l'imminente tempesta. Inquietante invece la Tilda Swinton alias "Servizi sociali". La McDormand ormai mi ha pienamente conquistata, dopo averla vista nei panni della donna di Cheyenne in This Must Be the Place credo sia difficile rimaner delusi delle sue performance attoriali. Insomma, cos'altro aggiungere...ah, ricordo la componente musicale e la sua fondamentale presenza anche in chiave interpretativa del film stesso. Gli ascoltatori più "esperti" noteranno infatti il gioco di richiami significativi alla "fuga"...dunque, buona visione e buon ascolto, soprattutto.
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